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Ivan Illich sentinella che annuncia il futuro

Gianni Gennari sabato 28 maggio 2022
Ivan Illich. Definirlo è un'impresa: sociologo, filosofo, teologo, psicologo, prete, critico capace di sentire in anticipo i movimenti della società. Nato nel 1926 a Vienna, padre cattolico, madre ebrea. “Confratello”? Dal 1930, a 4 anni in Italia! Studia prima a Firenze: cristallografia, psicologia, storia dell'arte e poi, fattosi cattolico, filosofia e teologia. A 25 anni è prete a Roma, nel Collegio Capranica. Si laurea anche in Filosofia della Storia a Salisburgo. Affascina: bello, colto, grande parlatore. Ha davanti, dicono, una brillantissima carriera in Vaticano. Gli propongono la carriera diplomatica, ma dice no e chiede di andare a New York, in una parrocchia povera di emigrati portoricani. Già conosce 8 lingue, aggiunge lo spagnolo. Poi arriveranno a 13 possedute alla perfezione. Studia i problemi degli immigrati e apre nuove vie alla sociologia. Nel 1955 il cardinale di New York, Spellman, lo vuole pro-rettore dell'Università di Portorico. A 30 anni è il più giovane monsignore del Nordamerica. Pensa, si interroga, interroga: sul ruolo degli Stati Uniti tra i poveri del Continente, e anche su quello della Chiesa…Viaggia, studia, scrive. Si stabilisce in Messico, a Cuernavaca, dove fonda il Cidoc, Centro di documentazione per la preparazione del Clero ai problemi dell'America Latina. Critica governi e istituzioni, la stessa Chiesa nei suoi aspetti burocratici. Nel 1968 lo chiamano al Sant'Offizio per interrogarlo, ma rifiuta di riempire i questionari. L'anno dopo si dichiara “prete in congedo”: resta nella Chiesa, ma non “fa più il prete. Pensa, scrive, analizza. Collabora a lungo con monsignor Helder Camara, in Brasile, e con monsignor Mendez Arceo, a Cuernavaca. Pubblica a raffica: contro la medicina che dice di curare e genera nuove malattie, “Nemesi medica” (1976). Contro la scuola, che reprime fantasia e creatività per produrre robot obbedienti, “Descolarizzare la società”. Contro il sistema dei trasporti, che paralizza i movimenti veri degli uomini. Studia società e culture, scuola e repressione, ambiente e libertà, medicina e diritti umani, ecologia e globalizzazione, burocratizzazione della vita e della sanità. I suoi scritti, lucidissimi e taglienti - anche “L'espropriazione della salute”, “La convivialità”, “Lavoro ombra”, “Disoccupazione creativa”, “Genere e sesso” - mostrano in anticipo dove si sta andando, e il male che ne verrà. Attacca il sistema di sviluppo che moltiplica i poveri, il consumismo che produce bisogni falsi e artificiali, le multinazionali che schiavizzano popoli interi. Dicono che è “catastrofista”, ma i fatti gli danno ragione. Un “No global” in anticipo, con l'occhio penetrante del genio, e gli strumenti dell'analisi a tutti i livelli. Uomo di frontiera, intellettuale senza confini, contro ogni illusione prometeica che invece di liberare schiavizza, invece di ripulire sporca e corrompe tutto: aria, acqua, pensieri, desideri, sogni…Ha portati i suoi spunti critici in tutto il mondo, instancabile viaggiatore. Hanno tentato di farne un divo alla moda, ma ha sempre reagito difendendo libertà e fantasia, poesia e creatività per tutti, un modello che ha chiamato “Conviviale” di vita umana: ne siamo ancora lontani. Cristiano fino in fondo, a modo suo. Malato di un cancro al volto, ha continuato a lavorare sempre. È morto a Brema, in Germania, dove insegnava ancora, il 2 dicembre 2002. Convivialità, e compassione: delle anime e dei corpi, degli ammalati e dei sani…Negli ultimi anni ha sofferto molto, ma non si è mai tirato indietro. Una sua parola: «Al momento della morte spero di essere sorpreso». Un precursore? Diventarne discepoli è difficile: a parte l'intelligenza che servirebbe, è scomodo. Gente così serve sempre: “sentinelle” nel nome dell'uomo e, se si vuole anche di Dio, del Dio di Gesù Cristo, che non ha mai rinnegato pur sempre cercandolo dove lo ha trovato: nell'uomo, e anche nella Chiesa…