C'è un curioso e pericoloso paradosso italiano nel panorama internazionale della formazione, sui cui val la pena riflettere. Il nostro Paese è riconosciuto tra i migliori al mondo nell'educazione pre-scolastica, con ottime scuole dell'infanzia, tassi di iscrizione pressoché universali e modelli formativi considerati un modello a livello globale come quello di Reggio Emilia. Tuttavia, come evidenzia l'edizione 2019 del rapporto Ocse Education at a Glance brillantemente commentato su Lavoce.info da Andrea Gavosto e Stefano Molina, questo prezioso vantaggio iniziale viene perduto nel corso degli anni. Se già durante le scuole superiori i nostri ragazzi mostrano apprendimenti sistematicamente inferiori alla media Ocse, quando entrano nel mondo universitario devono affrontare un sistema con performances medie agli ultimi posti del mondo avanzato. Desta impressione un dato in particolare. La popolazione adulta in Italia è tra le meno istruite del mondo occidentale: tra i connazionali 25-34enni solo il 28 per cento è in possesso della laurea, mentre la media Ocse è pari al 47 per cento. Non è un caso: raccogliamo quanto investiamo. Nel 2016 abbiamo destinato all'Università investimenti pubblici pari solo allo 0,89 per cento del nostro Pil contro una media dei paesi OCSE dell'1,48 per cento, e le risorse investite dall'Italia in questo ambito stanno diminuendo ulteriormente negli ultimi anni.
Nonostante l'intero Occidente – dagli States all'Europa – sembri essere immerso nell'era dell'incompetenza, come brillantemente denunciato da Tom Nichols, proprio le analisi contenute in Education at a Glance confermano il grande valore che ha ancor oggi la formazione universitaria. La laurea è uno strumento decisivo per trovare un'occupazione: nel 2018 il tasso di occupazione dei laureati è stato nell'area Ocse di 9 punti superiore a quello dei diplomati. E garantisce sia redditi decisamente più elevati, che una maggior capacità di ritrovare il lavoro quando lo si è perduto. La laurea ha effetti positivi perfino sul piano sanitario, sociale e civile: è associata infatti a migliore salute, maggiore attenzione nei confronti dell'ambiente, più intensa partecipazione alla vita pubblica e al volontariato.
Investire sul nostro sistema universitario, dunque, vuol dire generare un effetto moltiplicatore ampio e trasversale, probabilmente senza pari. E vuol dire spostare risorse dal presente al futuro, allungando lo sguardo dell'intera società. In Italia ne abbiamo disperatamente bisogno.
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