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Ismail il gruista albanese e il battito d’ali allo stadio

Mauro Berruto mercoledì 16 ottobre 2024
Il 13 ottobre 2014, proprio dieci anni fa, il mondo del calcio vive una serata surreale. Si tratta della partita delle qualificazioni ai Campionati Europei 2016, nello stadio FK Partizan, a Belgrado, fra Serbia e Albania. Quattro anni prima, allo Stadio Marassi di Genova, un altro match, Italia-Serbia, aveva fatto diventare famoso Ivan Bodganov, ultrà serbo arrestato dopo aver causato gravi disordini sugli spalti e, in un momento di particolare eccitazione, incendiato una bandiera albanese. Quella sera davanti alla televisione è seduto un ragazzo albanese supertifoso di calcio, di professione gruista, a Milano poiché sposato con una donna italiana. Si chiama Ismail Morina e decide che, prima o poi, dovrà fare qualcosa per rispondere a quello sfregio al suo Paese. L’occasione arriva quattro anni dopo. Ismail Morina parte per Belgrado con un piccolo drone nel bagagliaio dell’auto e una bandiera della “Grande Albania”, con la scritta “Kosovo autoctono”. Morina cerca lo stadio della gara, si sbaglia perché crede che il match vada in scena nel famoso “Marakàna” di Belgrado, si accorge dell’errore e raggiunge il Partizan Stadium. Non ha il biglietto, ma dopo un rapido sopralluogo trova una chiesa dalla cui cupola vede un pezzo di campo. Si mette lì, aspetta l’inizio della partita e si prepara. Verso la fine del primo tempo un drone con una bandiera della “Grande Albania” sorvola il Partizan Stadium e plana verso il campo. Ismail Morina dalla sua postazione pensa che i giocatori con la maglia rossa siano gli albanesi e vuole portare la bandiera dalla loro parte, ma l’Albania, quella sera, gioca in bianco, così il giocatore della Serbia, Mitrovic, riesce a prendere il vessillo. Il gesto fa infuriare gli avversari. La tensione tra Serbia e Albania sul Kosovo ha portato in passato alla guerra e la questione è ferocemente aperta anche se il Kosovo è diventato un Paese indipendente. L’arbitro inglese Atkinson sospende per diversi minuti il match perché in campo c’è una mega-rissa. Il laziale Cana, capitano dell’Albania, come un leone difende i suoi e il direttore di gara ferma la partita al 41°. I giocatori albanesi insieme al loro allenatore, l’italiano Gianni De Biasi, corrono verso gli spogliatoi, bombardati dal lancio di oggetti dagli spalti. Caos totale: scende in campo perfino Ivan Bogdanov, l’ultrà serbo che aveva tenuto sotto scacco Marassi, per “trattare” la ripresa del gioco. L’arbitro prova a convincere l’Albania, ma non ci sono le condizioni. Mentre Ismail Morina risale in macchina e si rimette in viaggio tutti cercano, anche negli spogliatoi, il manovratore del drone, e monta un caso senza precedenti. Viene fermato il fratello del premier albanese Edi Rama, in tribuna. Si pensa a un intrigo internazionale, a provocazioni politiche. Ci vorrà un po’ per scoprire che tutto era nato da un’iniziativa individuale – che novecentonovantanove volte su mille sarebbe fallita – di un semplice tifoso. Ismail Morina sarà arrestato e dopo molto tempo tornerà in Italia, ma la morale è che qualche volta il battito di ali di una farfalla rischia davvero di generare una tempesta. Cosa che in questi tempi, dove la ragione sembra aver perso la sua partita, fa ancora più paura. © riproduzione riservata