Irène Némirovsky e l'apologia del matrimonio
La risposta la troveranno Antoine e Marianne, i protagonisti del romanzo. Siamo nei primi anni Venti: Antoine, come Dominique, Gilbert e altri amici sono reduci dalla guerra, mordono la vita con l'avidità di chi è stato a contatto con la morte nel fango delle trincee: e le ragazze, Marianne, le sue sorelle, le sue amiche, sono nel momento magico dello splendore della gioventù, in quell'affacciarsi alla bellezza in cui il proprio doppio interiore contempla l'immagine di sé.
Antoine ha un'amante matura, una donna divorziata di cui Marianne è segretamente gelosa. Ma Antoine e Marianne, fra ripicche, silenzi e bugie, sanno di essere predestinati e si sposeranno. Nasceranno due e poi tre figli. Antoine diverrà amante dell'abbagliante sorella minore della moglie, Evelyne, che per lui si suiciderà. Marianne lo intuirà silenziosamente, ma saprà sorreggere Antoine nel momento più tremendo dello sconforto e del rimorso, rinunciando all'appuntamento con Dominique verso il quale stava nascendo una passione.
Che cosa, dunque, distingue il matrimonio dall'adulterio, dalle avventure, dalle soddisfazioni sessuali? È quel qualcosa che Antoine e Marianne hanno avvertito durante la cerimonia: «Chinavano la fronte con perfetta sincronia sotto le raffiche dell'organo e si sentivano, per la prima volta nella vita, ostaggi di qualcosa di più forte di loro».
È quel «qualcosa di più forte» che, nonostante gli errori, i tradimenti, fa sì che gli anni di vita in comune compiano, all'insaputa degli sposi, il loro lavoro segreto: «Di due esseri ne avevano fatto uno solo. Potevano scontrarsi, a tratti odiarsi, ma erano uno, come due fiumi che hanno mescolato il loro corso». Come accadde agli scostanti e angolosi genitori di Antoine: in punto di morte, il padre, abbandonando la sua mano in quelle della moglie, troverà la forza di chiamarla con il soprannome segreto che né Antoine né i suoi fratelli avevano mai sentito pronunciare.
In un'intervista radiofonica in occasione dell'uscita di Due, Irène Némirovsky, fattasi a un tratto seria e misteriosa, disse: «Il matrimonio finisce solo con la morte». E, rivolgendosi a monsignor Ghika, aggiunse: «Mio marito si è improvvisamente ammalato. Si teme una polmonite. È in clinica. Il mio medico mi rassicura, ma sono triste e preoccupata. Monsignore, vi supplico, voi che siete ascoltato da Gesù più di noi poveri peccatori, pregate perché mio marito guarisca presto».
Irène e il marito, nonostante la conversione dall'ebraismo al cattolicesimo, moriranno ad Auschwitz nel 1942, a pochi mesi l'una dall'altro.