Con il patrocinio dell'Ufficio per la Pastorale della salute della Cei, l'adesione della Caritas e di alcuni Centri assistenza dei Gesuiti, e l'appoggio della Radio Vaticana, è partito a livello internazionale il Progetto Ibsa per le donne migranti in gravidanza o nel periodo di allattamento. I migranti si trovano a vivere in un ambiente molto diverso da quello di provenienza e tale diversità riguarda in particolare le donne in attesa o che stanno allattando per un carenza di iodio nelle loro abitudini alimentari, con il rischio di danni a livello cerebrale e problemi di crescita nei neonati.Sul piano scientifico, il dipartimento di endocrinologia dell'Università di Pavia, diretto da Flavia Magri, si occupa da tempo di assistenza alle donne migranti. «Per garantire il regolare funzionamento della tiroide – fa presente l'endocrinologa – occorre una corretta alimentazione, ricca di pesce e latticini, mentre in gravidanza e in fase di allattamento è meglio intervenire con sale iodato o con specifici integratori alimentari».Il progetto prevede la distribuzione nei centri di accoglienza di materiale informativo in sei diverse lingue. La carenza di iodio con le sue conseguenze rappresenta una delle priorità sanitarie per molte aree del mondo, in particolare alcuni Paesi dell'Africa e dell'Est Europa. Con questa campagna di iodoprofilassi s'intende anche rispondere all'appello "Accesso ai farmaci, un diritto umano", lanciato dal Ministero della salute e dall'Aifa per proteggere soggetti vulnerabili, quali migranti, emarginati e fasce più deboli della popolazione.