Intelligenza artificiale. Ciascuno di noi vale più del suo profilo
In questa situazione, le applicazioni della cosiddetta intelligenza artificiale nel campo della politica e del diritto, e segnatamente della giurisdizione, vanno viste con la giusta cautela. Di ciò si è avuta conferma in questi giorni, in uno dei periodici "Martedì" dell'Associazione Vittorio Bachelet, dedicato proprio al tema della cosiddetta giustizia predittiva. Dalla densa relazione del consigliere di Stato Giancarlo Montedoro, dagli interventi di chi scrive, di Giovanni Legnini, Maria Rosaria Sangiorgio, Claudio Galoppi ed Enzo Vincenti, e dalle conclusioni di Giovanni Mammone, è apparso chiaro come l'intelligenza artificiale abbia ormai sopravanzato l'informatica giuridica, nel senso di essere in grado non soltanto di calcolare quantità impressionanti di variabili interpretative, ma di intervenire sui criteri stessi di programmazione, classificazione e valutazione delle variabili medesime.
Con quali limiti? Un primo limite, ben noto all'esperienza europea, è quello per cui una decisione giurisdizionale non può mai essere esclusivamente affidata a procedure automatiche. Un secondo limite concerne la problematica riconducibilità all'intelligenza artificiale della capacità di applicare il criterio di classificazione (i francesi distinguono opportunamente tra classification e classement) cioè il nucleo dell'attività giurisdizionale. Infine, quand'anche in futuro la "macchina" possa includere anche profili emozionali, questi non avranno mai natura spontanea, ma sempre, comunque, "programmata". Tutto ciò richiederà l'intervento del legislatore.
Dopo le scelte istituzionali di questi giorni, il programma di governo non potrà allora non tenere in considerazione l'interdipendenza del mondo-villaggio e la necessità che le decisioni nell'interesse di tutti, cioè la politica, facciano applicazione del principio di precauzione e governino l'innovazione, senza subirne passivamente i rischi. Ciascuno di noi, insomma, vale più del suo profilo.