Intellettuali e politica evanescenza, impegno o autopromozione?
Comunque, la svogliatezza nel parlare oggi di impegno politico degli intellettuali sembra più un sintomo di giustificata impotenza che di insensibilità. Credo che il punto dolente sia ormai non l'impegno in sé, ma l'impegno politico. Quest'ultimo implica due cose: da un lato l'efficacia pratica e pubblica del pensiero, delle idee, delle arti, delle scienze e dall'altro il rapporto con gli uomini politici, i partiti, i governi. La scarsa o scarsissima influenza sociale della cultura scritta e il desolante impoverimento culturale dei ceti dirigenti, dei leader e degli schieramenti politici semina scetticismo, distacco critico, inerzia pragmatica e un generale pessimismo fra gli intellettuali.
Forse si dovrebbe evitare di aggiungere al sostantivo "impegno" l'aggettivo "politico". Degli intellettuali che si limitino a dichiarare per chi votano o a partecipare come cittadini a manifestazioni di protesta, non contano molto e in quanto intellettuali servono anche meno. Spesso si tratta di atti più autopromozionali che utili. Il loro impegno dovrebbe avere contenuti più specifici e riguardare non tanto la lotta contro l'avversario politico, ma il miglioramento dell'ambiente culturale e morale. Naturalmente in situazioni di estrema drammaticità conflittuale può anche servire altro.