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«Integrazione risorsa straordinaria» Sicuro, ma che sia davvero completa

Andrea Lavazza venerdì 16 febbraio 2024
Caro Avvenire, l'integrazione può essere una risorsa straordinaria. Abbiamo trovato una bravissima persona di nazionalità marocchina, con la cittadinanza italiana, che accudisce la mia cara mamma di 84 anni con problemi fisici e di demenza. Sono davvero felice di aver trovato una bravissima signora, proveniente da un'altra cultura, dalla quale sto imparando tanto. Massimo Aurioso Piombino (Li) Caro Aurioso, la sua lettera riflette l’esperienza di tanti italiani e, con semplicità, ci affida un messaggio positivo. Quando però ragioniamo nello spazio pubblico sul tema delle migrazioni, dell’incontro tra culture e dell’integrazione, dovremmo avere una prospettiva più larga e meno segnata da un approccio che mantiene ancora residui di diffidenza e di paternalismo. Le sottolineature che lei fa, certamente mosso dalle migliori intenzioni, possono essere interpretate come discendenti dall’idea che anche tra gli stranieri ci sono “bravissime persone”, quasi che noi avessimo il monopolio di questa caratteristica e possiamo per questo darne riconoscimento a coloro che ci aspettiamo di solito non solo diversi, ma portatori di valori divergenti o incompatibili con i nostri. Inoltre, la “risorsa straordinaria” della presenza di migranti, anche se lo è in una logica economica, non può limitarsi ai lavori subalterni di cura, per i quali non abbiamo disponibilità degli italiani, poco invogliati a svolgere quelle attività. Tra l’altro, per chi ha ottenuto la cittadinanza (e tanti l’aspettano troppo), sarebbe auspicabile non fare più costante riferimento alla provenienza geografica, che spesso funziona come uno stigma o, perlomeno, una limitazione preventiva. Certo, nel Paese dei cento campanili, in cui è ancora viva – ahimè – la frattura Nord-Sud e le rivalità stracittadine rimangono accese in Veneto come in Toscana, è impensabile che diventi improvvisamente trasparente l’origine di una persona. Complessivamente, però, l’integrazione dei migranti non può e non deve passare unicamente dalle badanti o dagli addetti alle pulizie. Una piccola imprenditoria, nei servizi e nel commercio, è già realtà e andrà a espandersi. Quello che ci manca è la presenza delle seconde generazioni nei licei e, soprattutto, nelle università. E, di conseguenza, con il tempo, nelle professioni e nei posti di vertice. Sarebbe un passo molto importante, sebbene possa non bastare nemmeno quello, come dimostra il caso britannico. Il premier Rishi Sunak è di ascendenza indiana, il sindaco di Londra Sadiq Khan pachistana, l’autorevole sfidante per la guida dei conservatori Kemi Badenoch nigeriana, eppure la Brexit ha vinto il referendum con la paura dei migranti e il governo vuole deportare in Ruanda gli stranieri irregolari avendo un buon sostegno popolare alla misura. Anche se siamo in una fase nella quale la storia sta accelerando i propri ritmi, alcune transizioni – come quelle indotte dalle migrazioni - sono secolari, e i passi dell’integrazione non saranno tutti semplici.
Per renderli più agevoli e positivi, ognuno può svolgere la sua parte. Non esclusi, ovviamente, coloro che integrarsi desiderano e, senza forzature tra assimilazione e rotture, contribuiscono a fare dell’Italia un Paese più ricco e inclusivo. © riproduzione riservata