Insieme in montagna per superare le fragilità
«I primi giorni non sono stati facili – ammettono, scambiandosi le riflessioni personali – ma poi ci ha fatto bene l'esperienza di camminare assieme ad altri, dormendo in un rifugio o in un convento, condividendo la stessa strada e la stessa fatica». Ripensando alla salita iniziale fino alla cima del monte Altissimo, i giovani scout vi scorgono «il raggiungimento di un obiettivo, ma anche la sofferenza e il sacrificio per ottenerlo: la strada può essere un'ottima terapia e un'ottima palestra per migliorare la qualità della vita delle persone più deboli e problematiche». Risponde in sintonia uno dei giovani trentini: «Raggiungere la meta in sintesi è ritrovare in noi stessi l'armonia, la comunione, la commozione, l'aiutarsi a vicenda sia fisicamente sia moralmente e – aggiunge – sono sentimenti che da molto tempo non provavo con persone estranee».
L'arrivo a Casa Giano sopra il lago di Santa Massenza ha concluso la route di servizio, confermando quanto l'esperienza della strada – se impostata con metodo – può arricchire anche una comunità eterogenea, non solo geograficamente.