Insieme a D'Amico il Settecento inglese è un lungo delizioso flirt
La storia è raccontata, come nei libri precedenti, da De Witt Henry III, giovanotto americano aspirante sceneggiatore, alla fidanzata Saffron, mentre sono a Roma in attesa che cessi la pioggia per fare un giro in Vespa tipo Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze romane.
Samuel Richardson è autore di tre romanzi epistolari di enorme popolarità: Pamela (1740), Clarissa (1747) e La storia di Sir Charles Grandison (1753), tutti in più volumi. Pamela e Clarissa sono stati recentemente curati da Masolino d'Amico rispettivamente per Mondadori (2016) e Aragno (2018), per cui si può intuire che Lo scrittore inglese sia nato mentre d'Amico era immerso nell'oceano richardsoniano.
La prima lettera che Richardson riceve da un'ignota lettrice che si firma Belfour è del 10 ottobre 1748. La corrispondente non tollera che la virtuosa Clarissa sia importunata dall'aspirante seduttore Lovelace, un dongiovanni di strapazzo dal quale, peraltro, Belfour è attratta: vuole il lieto fine, che Lovelace si redima e sia felice con Clarissa. Insomma, è il primo caso accertato di lettrice che vuole interferire nella creatività dello scrittore, come nelle telenovelas sudamericane in cui il pubblico interviene massicciamente a suggerire all'autore il finale della storia, costringendo addirittura a far risuscitare personaggi che erano dati per morti nelle puntate precedenti.
Richardson, che resta fermo nelle sue convinzioni autoriali, è tuttavia lusingato da tanto intelligente interessamento e arriva addirittura a definire Belfour «daughter of my own mind», figlia della mia stessa mente, cioè sintonizzata sulla mia lunghezza d'onda.
Ma perché tanto anonimato? Qui si rivela la cultura sociale del Settecento inglese. Belfour era Lady Bradshaigh, moglie di un baronetto, mentre Richardson, ancorché scrittore di grande successo, era pur sempre un commoner: non era accettabile che un'aristocratica entrasse in familiarità con un parvenu. Da qui un complicato rimpiattino: i due non possono darsi un appuntamento, ma lei vuole vederlo almeno da lontano, magari durante una passeggiata parallela nel parco. E lo scrittore invia alla Lady un autoritratto per rendersi riconoscibile tra i passanti: «Incarnato castano chiaro, denti che ancora non l'hanno tradito; viso abbastanza liscio e con guance accese: a volte dimostrando sessantacinque anni abbondanti, altre volte molti meno; passo fermo e regolare; occhio azzurro pallido, troppo spesso velato da nebbie che scendono dalla testa: ogni tanto vivo; molto vivo sarà, se avrà la speranza di vedere una signora che ama e onora». Finalmente l'incontro avverrà un anno e sette mesi dopo, proprio in Hyde Park, il 6 marzo 1750, e da allora rimasero in contatto.
Le lunghissime e divertenti lettere, con reciprocità di puntigli e di ripicche, offrono uno spaccato non solo letterario, e sono esse stesse letteratura. Per avere un'idea della celebrità di Richardson, basti ricordare che Henry Fielding, suo contemporaneo, si affrettò a fare una parodia di Pamela intitolandola Shamela. Del resto, anche il capolavoro di Fielding, Tom Jones, è quasi «un anti-Pamela, perché all'eroina di Richardson, secondo Fielding insopportabilmente virtuosa, viene opposto un eroe scavezzacollo addirittura amorale, ma irresistibilmente pieno di vivacità».