Ci sono persone così egocentriche che quando s'innamorano trovano il modo di essere tutte prese dalla loro passione senza esserlo della persona che amano.
Si fa spesso ironia sull'''imbambolamento" a cui va incontro l'innamorato. Lo scrittore inglese William M. Thackeray nella sua opera più famosa, La fiera delle vanità (1848), ridacchiava così: «Quando sono innamorati, certi uomini, anche se vedono l'amo e tutto l'apparecchio con cui saranno catturati, inghiottiscono ugualmente l'esca». Noi, invece, in questa giornata tradizionalmente dedicata a s. Valentino, il patrono degli innamorati, abbiamo voluto puntare sul serio, con una delle Massime del noto autore moralista francese del Seicento François de la Rochefoucauld, spesso ospitato nella nostra rubrica. La sua è una considerazione realistica, anche se venata di pessimismo.
L'amore autentico - l'agàpe di cui parla il Nuovo Testamento - è molto più dell'eros. Quest'ultimo scopre nella persona amata la bellezza, si alimenta di passione e di tenerezza, coltiva il sentimento; tuttavia vede nell'altro una realtà pur mirabile ma da conquistare e quindi possedere. Nell'amore puro e totale hanno un significato sia la sessualità sia l'eros, ma la meta da raggiungere è la donazione di sé all'altro così da attuare quell'unico corpo, ossia quell'unica esistenza di cui parla la Genesi (2, 24). Significativa è la duplice professione d'amore proclamata dalla donna del Cantico dei cantici: «Il mio amato è mio e io sono sua" Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (2, 16 e 6, 3). Il centro della vita diventa l'altra persona a cui tu consacri tutto te stesso e, così, ami in lui anche te stesso. Per questo l'amore vero è segno e simbolo anche della mistica.