Indizi su Irma Brandeis e su Clizia, la musa di Montale
La massima autorità nel settore è Paolo De Caro, studioso foggiano che a Irma ha dedicato due saggi fondamentali (Journey to Irma, 1999, seconda edizione ampliata di Irma, un romanzo, 1996; Irma politica, 2001), pubblicati però in edizioni semi-private per un eccesso di perfezionismo che sta ritardando l'edizione definitiva.
Nel 2006 Rosanna Bettarini ha curato per Mondadori la pubblicazione delle Lettere a Clizia, 154 missive che la destinataria aveva affidato il 12 ottobre 1983 al Gabinetto Vieusseux di Firenze (Montale l'aveva diretto dal 1928 al 1938), con l'impegno che non fossero pubblicate prima di vent'anni dalla consegna. Purtroppo mancano le corrispondenti lettere di Irma, per cui dall'epistolario abbiamo appreso molto su Montale (che, come uomo, non fa una gran figura), e nulla di Clizia.
Adesso, per le Edizioni Ulivo di Balerna (Svizzera), è uscito Irma Brandeis (1905-1990), una Musa di Montale (pp. 176, euro 17), passi diaristici ed epistolari, scelti trascritti e introdotti da Jean Cook (amica ed esecutrice letteraria della Brandeis), a cura e con un saggio di Marco Sonzogni, della Victoria University of Wellington (Nuova Zelanda).
I primi quaderni, che vanno dal 1922 al 1932, esprimono i sogni di una ragazza di buona famiglia che vorrebbe fare la scrittrice ma non ne sente la forza e, biograficamente, informano sugli alti e bassi della duratura relazione con Gino Bigongiari, destinatario principale delle lettere, con intermezzi per la parentesi sentimentale di Irma con Leo Ferrero (morto a 31 anni per un incidente d'auto nel 1933), e poi con il greco Nicholas Kaltchas, morto nel 1937, con il quale Irma era arrivata alla soglia del matrimonio.
Personalmente, ero (e sono) interessato a verificare un'ipotesi che avevo formulato nel 1997, e cioè che fossero da rintracciare in Irma le radici di certo gnosticismo di Montale, segnalato da Oreste Macrì, secondo una linea di ricerca sulla quale si è inoltrato De Caro. La famiglia Brandeis, infatti, era in contatto con discendenti della setta di Jakob Frank, un ebreo eretico del 1700, che propagandava il culto per un Messia femmina e altre stranezze iniziatiche. Da questi brani di diario non affiora alcun indizio in tal senso. Irma è laconica, e il 26 luglio 1933 così descrive a Gino Bigongiari il suo primo incontro con il poeta degli Ossi di seppia: «Montale è tutto italiano e, cosa commovente, quasi senza pretese. Ma in un modo o nell'altro già vecchio a trentasette anni».
Non c'è traccia della passione travolgente di cui alle lettere di Montale, lacerato tra l'invito di Irma a seguirlo in America, e i ricatti affettivi della «Mosca» (Drusilla Tanzi, a quel tempo moglie del critico d'arte Matteo Marangoni), che minacciava il suicidio se Montale l'avesse lasciata (Marangoni morirà nel 1958. Il 23 luglio 1962 Montale e la «Mosca» si sposarono cattolicamente. Il 30 aprile dell'anno successivo fu celebrato il matrimonio civile).
Irma è rimasta profondamente delusa dalle incertezze di Montale. Il 18 luglio 1938 annota: «Ho visto un uomo il cui cuore aveva ceduto e che forse aveva chiuso la sua mente, calandola solo su ciò che è malvagio e buio». Eppure la passione c'è stata, se nel dicembre 1939, Irma scrive: «Oggi ricevo una lettera da Montale. (Siamo stati degli idioti.
Tu sei la cosa più bella che abbia mai avuto)».
Nella sera della vita, ci fu un tentativo di viaggio in Italia per rivedere Montale, che nel giugno 1981 così la incoraggiava: «Irma, sei ancora la mia dea, la mia divinità».
Ma il 13 settembre dello stesso anno, Irma annota: «Telefonata da Glauco C[ambon]. Montale è morto».
Clizia vive nei sovrasensi, anche gnostici, che Montale le attribuisce nei suoi versi. La biografia fa poca luce sul suo persistente mistero. Certo, occorrono altre ricerche, altri scandagli.
Speriamo che Paolo De Caro si spicci a concludere le sue investigazioni.