Fu un veneziano a dischiudere agli europei gli scrigni d’Oriente: gemme, tappeti, taffetà, sete, aromi di sandalo e volute d’oppio, infinite distese desertiche, regni fastosi e lontani, il Katai, il magnifico imperatore mongolo, il Gran Khan... L’incanto e la tessitura, il respiro e la porcellana di quel mondo sono narrati da un mercante di Venezia, che divenne anche ambasciatore di Kublai Khan, che grazie al Milione entrò nell’aurea luce del mito.
Fu un genovese l’uomo che aprì le porte dell’Occidente, muovendo nell’Atlantico verso le Indie. Un sogno iniziatico, quello del formidabile navigatore Colombo: voleva raggiungere l’Oriente, il luogo dove nascono il sole e la vita, ma non muovendosi sulla terraferma verso Est, bensì per Occidente, doppiando la terra del tramonto: cadere, tramontare, la radice del termine Occidente. Per mare. E incontrò il nuovo continente, cambiò la nostra civiltà, il genovese, come aveva fatto il veneziano Marco Polo. Conoscemmo le isole paradisiache, i Mari del Sud e i loro incanti, le donne dalla pelle dorata e la magia della perla e del corallo. Pare una corrispondenza simmetrica quella tra il leggendario viaggiatore della Serenissima e il visionario marinaio della città rivale. Due miti, nati in Italia, sulla costa, nelle Repubbliche marinare.
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