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In un Atlante la qualità made in Italy a tavola

Andrea Zaghi domenica 12 novembre 2023
Miliardi di valore, centinaia di prodotti sotto tutela, un territorio pressoché unico al mondo come base produttiva, una tradizione che si fa modernità da difendere e valorizzare sempre di più. Può anche essere questa l’istantanea che delinea l’agroalimentare italiano. Una fotografia che, tuttavia, non deve nascondere la necessità di dare continuità e sicurezza al settore, partendo, magari, alla consapevolezza della continua erosione della base produttiva che l’agricoltura ogni anno vive. Per capire di più cosa sia l’agroalimentare nazionale, è possibile partire dall’“atlante” dell’Enciclopedia Treccani curato dalla Fondazione Qualivita la cui dodicesima edizione è stata presentata in questi giorni. Nell’”Atlante Qualivita” trova spazio una visione del settore agroalimentare in grado di unificare i comparti del cibo, del vino e delle bevande spiritose come un modello di tutela e sviluppo dei territori e del made in Italy di eccellenza. Messi in fila sono 887 prodotti a Indicazione Geografica nazionali tutelati a livello europeo dei quali si illustrano disciplinari, origine e produzione, luoghi e storie. Una vera summa della tradizione agroalimentare italiana. Buona economia, dunque, unita al rispetto dell’ambiente, della storia e delle persone. E che nel mondo ottiene più di un successo anche in termini economici. Buona economia che, proprio nel caso dell’agricoltura, deve però fare i conti con la diminuzione della base produttiva alla quale si affiancano i problemi dell’oggi: gli sconvolgimenti dei mercati, il costo delle materie prime e dei trasporti, le difficoltà a “fare sistema”, la generale situazione del Paese in fatto di burocrazia e infrastrutture. Se l’Atlante Qualivita scatta una fotografia positiva della filiera che ha alla base l’agricoltura, Inps, a questo proposito, fornisce invece un’immagine tutt’altro che rassicurante. La base produttiva agricola, in termini d numero di aziende, si sta riducendo di anno in anno. Inps in una nota spiega che nel 2022 sono diminuite le aziende (-3,1%) ma anche
lavoratori agricoli dipendenti (-2,5%) e quelli autonomi (-1,3%) anche i lavoratori autonomi. In calo anche i coltivatori diretti (mentre gli imprenditori agricoli professionali hanno fatto registrare un aumento). In generale, infine, l’età di chi lavora in agricoltura continua ad essere troppo alta mentre i giovani continuano ad essere troppo pochi. Grande qualità, quindi, accanto a grande fragilità e ad incerte prospettive per il futuro. L’agroalimentare del Bel Paese vive entrambe le realtà. © riproduzione riservata