Miliardi di valore, centinaia di prodotti sotto tutela, un territorio pressoché unico al mondo come base produttiva, una tradizione che si fa modernità da difendere e valorizzare sempre di più. Può anche essere questa l’istantanea che delinea l’agroalimentare italiano. Una fotografia che, tuttavia, non deve nascondere la necessità di dare continuità e sicurezza al settore, partendo, magari, alla consapevolezza della continua erosione della base produttiva che l’agricoltura ogni anno vive.
Per capire di più cosa sia l’agroalimentare nazionale, è possibile partire dall’“atlante” dell’Enciclopedia Treccani curato dalla Fondazione Qualivita la cui dodicesima edizione è stata presentata in questi giorni. Nell’”Atlante Qualivita” trova spazio una visione del settore agroalimentare in grado di unificare i comparti del cibo, del vino e delle bevande spiritose come un modello di tutela e sviluppo dei territori e del made in Italy di eccellenza. Messi in fila sono 887 prodotti a Indicazione Geografica nazionali tutelati a livello europeo dei quali si illustrano disciplinari, origine e produzione, luoghi e storie. Una vera summa della tradizione agroalimentare italiana. Buona economia, dunque, unita al rispetto dell’ambiente, della storia e delle persone. E che nel mondo ottiene più di un successo anche in termini economici.
Buona economia che, proprio nel caso dell’agricoltura, deve però fare i conti con la diminuzione della base produttiva alla quale si affiancano i problemi dell’oggi: gli sconvolgimenti dei mercati, il costo delle materie prime e dei trasporti, le difficoltà a “fare sistema”, la generale situazione del Paese in fatto di burocrazia e infrastrutture.
Se l’Atlante Qualivita scatta una fotografia positiva della filiera che ha alla base l’agricoltura, Inps, a questo proposito, fornisce invece un’immagine tutt’altro che rassicurante. La base produttiva agricola, in termini d numero di aziende, si sta riducendo di anno in anno. Inps in una nota spiega che nel 2022 sono diminuite le aziende (-3,1%) ma anche
lavoratori agricoli dipendenti (-2,5%) e quelli autonomi (-1,3%) anche i lavoratori autonomi. In calo anche i coltivatori diretti (mentre gli imprenditori agricoli professionali hanno fatto registrare un aumento). In generale, infine, l’età di chi lavora in agricoltura continua ad essere troppo alta mentre i giovani continuano ad essere troppo pochi.
Grande qualità, quindi, accanto a grande fragilità e ad incerte prospettive per il futuro. L’agroalimentare del Bel Paese vive entrambe le realtà.
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