«In principio». Queste sono le parole con cui ha inizio la Bibbia. Ci si potrebbe fare l'idea che si tratti di una questione puramente cronologica. Il principio di cui si parla è quel frammento temporale in cui l'azione creatrice di Dio si è dispiegata. Tuttavia è anche lecito domandarsi se potesse esistere il tempo a prescindere, se cioè quel frammento temporale vada da sé, o se sia da includere nell'azione divina che però ha come complemento oggetto il cielo e la terra e non ancora il tempo che nel primo racconto di creazione ha una narrazione che riguarda la sua origine nella separazione tra luce e tenebre e nell'alternanza tra giorno e notte. Il termine ebraico re'šît indica innanzitutto “il meglio”, ciò che in qualità non può essere superato, una vera e propria “eccellenza”, il più appetibile tra i frutti di una medesima specie. Su questa linea del paragone vegetale si pone anche il significato di primizia, ciò che per primo germoglia e matura. Accanto al senso temporale con cui il termine “principio” viene tradotto va dunque posto anche questa splendida sfumatura di “eccellenza” e “primizia”. La creazione non è solo il risultato di una azione divina, il cielo e la terra. Essa ancora di più sta in quell'azione stessa, esclusivamente di Dio, che non ha analogie umane, misteriosa ed estrosa. C'è nel creato una parte migliore, un frutto primo, che l'occhio non coglie, ma al quale non può non essere rimandato.