Chissà se Letizia Battaglia avrebbe apprezzato, come sintesi della sua vita, un titolo come quello della "Repubblica": «La fotografa dell'antimafia». Forse no. Perché lei fotografava la vita. E certo, Palermo «è vita ed è morte», e la "vita" conosce la presenza ingombrante della mafia, che tuttavia non la esaurisce... La morte della grande fotoreporter siciliana occupa pagine intere sui quotidiani del 14/4. Ritratti diversi ma concordi su un fatto: Letizia Battaglia non può essere cristallizzata in un unico ruolo, aggettivo o etichetta. Lo stesso Michele Smargiassi, sulla "Repubblica", sembra smarcarsi da quel titolo riduttivo: «Ha raccontato la violenza ma pure la voglia di cambiamento della sua terra». E ricorda questa sua frase: «Ho fotografato in tutto il mondo, ma fuori di Palermo le foto mi riescono diverse». Palermo e il mondo: «Ha lasciato – si legge su "Libero" – il suo segno nella storia della fotografia internazionale, ma soprattutto di Palermo». Appunto. «Da Palermo al mondo» è il titolo del "Quotidiano nazionale". Coerente con il suo cognome, fu poi donna battagliera. Scrive Riccardo Arena sulla "Stampa": «La reporter siciliana ha usato l'obiettivo come arma di ribellione». Il ritratto della ribellione più radicale è la foto di Rosaria Schifani, moglie di un agente della scorta di Falcone, ricordata in particolare da Valeria Arnaldi sul "Messaggero": «Ha raccontato la mafia per contrastare il silenzio che le consentiva di proliferare». La vita, tutta intera, nobile e dannata. Letizia Battaglia fotografava la vita, sottolinea anche Roberta Scorranese sul "Corriere": «(Le sue erano) fotografie belle pur non ricercando mai, lei, la bella immagine. Anche quando ritraggono tragedie e situazioni difficili, dietro c'è la vita, c'è una specie di respiro che non si spegne». C'è una fiamma che, nonostante tutto, danza.