In Emilia piove meno che in Israele
L'allarme, ancora un volta, è stata lanciato dalla ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue), che in una nota ha spiegato come nel comprensorio dell'Emilia Romagna centro-orientale la quantità di precipitazioni, caduta dall'inizio dell'anno sino a maggio, sia stata la più bassa dagli anni '50. Detto in altro modo, nell'area la pioggia è stata appena il 30% di quella caduta ad Haifa e Gerusalemme, un'area del mondo, in cui mediamente piovono, nello stesso periodo, oltre 300 millimetri. Il confronto con Israele non è casuale, visto che questo è uno dei Paesi più siccitosi al mondo. Certo, a venire in soccorso delle coltivazioni agricole, ci hanno pensato le erogazioni dei consorzi irrigui. Ciò che preoccupa, tuttavia, è il forte segnale - l'ultimo in ordine di tempo -, di cambiamento de clima che sta colpendo il nostro Paese e al quale, di fatto, non pare si possa porre rimedio.
Anzi di più. La diminuzione delle precipitazioni (e la loro trasformazione), sta delineando anche un altro tema importante: la concorrenza tra usi agricoli, industriali e civili dell'acqua. Sempre l'ANBI ha fatto notare che in Emilia Romagna accanto ai forti apporti irrigui per le coltivazioni, l'acqua prelevata dal Po si è resa indispensabile per alimentare, come di consueto, anche 3 potabilizzatori romagnoli e l'intero complesso petrolchimico di Ravenna, da sempre collegato ed associato allo stesso sistema idrico.
E non è finita. I tecnici irrigui, infatti, fanno notare che l'estremizzazione degli eventi meteorologici sta minando la certezza di un sicuro approvvigionamento dal Po. Insomma, piogge quasi azzerate in alcuni aree dello Stivale e in determinati periodi, accanto ad acquazzoni improvvisi in altre zone e in altri periodi, stanno facendo saltare previsioni di accumulo di riserve così come calendari di irrigazione e quindi di coltivazione. Con tutte le conseguenze economiche e alimentari del caso. Nell'era della digitalizzazione e della globalizzazione, sarebbe il caso di tenere in maggior conto anche questi fenomeni.