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In bocca al lupo

Alberto Caprotti venerdì 10 luglio 2020
Mai visto un diavolo che costruisse pentole, né una gatta che andasse al lardo. Invece credo da sempre che il gioco sia bello proprio quando dura molto, e vorrei vedere che faccia ha fatto Maometto quando la montagna si è presentata a casa sua. Oppure guardare in bocca a caval donato, anche perché erroneamente pensavo che ci fosse un cavallo che si chiamava Donato. Le stagioni poi, ammettiamolo, oggi ormai sono tutte mezze. Il fatto è che la realtà, prima ancora che la logica, sta uccidendo i proverbi. E che certi modi di dire occorrerebbe cancellarli. “In bocca al lupo”, per esempio: pare che l'augurio derivi dalla consuetudine di mamma lupa che, per proteggere dai pericoli i propri cuccioli, li sposta da una tana all'altra prendendoli delicatamente tra i denti. Diversamente non avrebbe alcun senso augurare a qualcuno di finire sbranato. Eppure pare sia obbligatorio rispondere di sperare che il lupo “crepi”, e allora l'assurdità del dialogo risulta lampante. Una soluzione forse c'è: armiamoci di un po' del sano coraggio che occorre per andare controcorrente. E partendo dal presupposto che la qualità delle risposte che si danno dipende dalla qualità delle domande che si fanno, quando ci augurano in bocca al lupo, iniziamo a rispondere, sorridendo: speriamo di no, grazie.