Fa piacere che Cine 34, il canale Mediaset dedicato al cinema italiano, abbia deciso di riproporre una parte dei tanti film di Pupi Avati. Il regista bolognese se lo merita. Il suo rapporto con la televisione non sempre è stato dei migliori, ma non certo per colpa sua. Ora, finalmente, dopo avere anche richiamato la tv a dare più spazio alla cultura, Rai Cinema ha deciso di produrre, almeno per metà, il suo sogno su Dante Alighieri, un’idea cullata per diciotto anni, il film della sua vita. Uscirà il prossimo anno in occasione del settimo centenario della morte del Sommo Poeta. Lo attendiamo con impazienza, anche perché si annuncia come una lettura originale attraverso il racconto di Giovanni Boccaccio. E poi perché proprio gli ultimi prodotti realizzati per il piccolo schermo hanno confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il valore di Avati e la sua capacità di affrontare temi alti. Abbiamo ben presente, anche per averne parlato in questa rubrica, come abbia affrontato il tema dell’immigrazione nel film tv Con il sole negli occhi (2015), oppure abbia riletto miracoli e parabole del Vangelo in quell’inno al matrimonio che è Le nozze di Laura (2015). Per finire con Il fulgore di Dony (2017) sulla forza dell’amore disinteressato e della misericordia. Certo è che i film con cui martedì scorso è partita la rassegna di Cine 34 In arte Pupi (il vero nome è, infatti, Giuseppe) non sono proprio tra i migliori (Bordella, La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone e Tutti defunti... tranne i morti), anche se contrassegnati da una forte ironia e da qualche curiosa comparsata come quella di un giovane peloso e spelacchiato Lucio Dalla. Ma già dalla prossima settimana, sia pure senza nessun ordine cronologico, sono previsti Impiegati (1984), La rivincita di Natale (2004) e La casa dalle finestre che ridono (1976). Altri sei film, tutti riconducibili a produzioni del Gruppo Mediaset, saranno proposti nei due martedì successivi. Ogni serata si chiude con uno speciale che attraverso contributi e interviste racconta di questo regista «virtuoso dei sentimenti», «maestro di leggerezza» e «grande giocatore delle emozioni», clarinettista jazz approdato al cinema per colpa di Fellini e del suo 8½.