Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova: oggi le parole del profeta Isaia portano con sé una carica storica e teologica impressionante. I conflitti che segnano il mondo non possono non farci pensare che nella nostra epoca “fare il male” stia diventando la normalità. Ma Isaia, forse il più conosciuto dei profeti della Bibbia, porta anche un messaggio di speranza: «Su, venite e discutiamo - dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana», scrive il profeta. La voce di sant’Isaia si fece sentire nel Regno di Giuda nell’VIII secolo prima di Cristo, all’incirca tra il 740 e il 700 a.C. Nella sua opera è radicato il libro dell’Antico Testamento che porta il suo nome, anche se in realtà il testo è frutto di più mani e può essere diviso almeno in tre parti, delle quali la prima pare essere riconducibile direttamente a Isaia stesso. Dal capitolo 40, invece, i testi sembrano risalire all’epoca dell’esilio in Babilonia (587-538). Mentre gli ultimi capitoli, dal 56 al 66, potrebbero essere collocati dopo il ritorno dall’esilio e dopo la ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Nelle preoccupazioni del profeta, e di tutta la sua «scuola», c’è l’urgenza di ritrovare la fedeltà a Dio: la “formula” è quella espressa nel primo capitolo con l’invito a non fermarsi ai “riti” ma a compiere gesti di giustizia. Un richiamo che mantiene tutta la sua attualità.
Altri santi. San Pacomio, abate (287-347); san Geronzio di Cervia, vescovo (V-VI sec.).
Letture. Romano. At 14,19-28; Sal 144; Gv 14,27-31.
Ambrosiano. At 15,13-31; Sal 56 (57); Gv 10,31-42.
Bizantino. At 12,25-13,12; Gv 8,51-59.
t.me/santoavvenire