«L'imitazione è l'insulto più sincero». Uno degli aforismi di Oscar Wilde, giustamente famosi. Sui quali necessita un chiarimento: Wilde non intendeva scrivere "aforismi", i suoi cosiddetti tali sono frasi estrapolate dalle sue opere. Battute, considerazioni, fulminanti intuizioni all'interno di una narrazione o una commedia, funzionali all'insieme. "Dopo", grazie alla loro genialità, estrapolate e usate fuori dal contesto. Ma Wilde non scriveva aforismi in quanto tali, cioè non intendeva fare lo spiritoso, avendo scelto di fare lo scrittore, mestiere - a suo, e modestamente mio parere - molto più serio e interessante. Per questo scelgo qui un suo aforisma contestabile. Che intende rovesciare l'idea secondo cui l'autore che ne imita un altro più celebre lo esalta di fatto come maestro (Virgilio imita Omero, Dante imita Virgilio…). Invece, sorride Wilde, a parte questi casi, se uno scrittore imita un altro significa che lo ritiene raggiungibile, non unico, non inimitabile. Battuta intelligente, ma affermazione rovesciabile: il genio non è mai imitabile, ma le forme che ha definito sì. Diventano un punto di partenza. Modelli. L'uomo che imita un maestro non lo insulta, seppur involontariamente, ma al contrario si umilia alla sua lezione. L'emulazione è sintesi di memoria, ammirazione e amore.