Il «lato nascosto» di Weber e Kiel in due profonde Missae riscoperte
Da un lato Carl Maria von Weber (1786-1826), autore di un'opera teatrale di grande fortuna come Il franco cacciatore e di alcuni gioielli strumentali come le pagine per pianoforte e orchestra o i due Concerti per clarinetto; la sua Missa Sancta n. 2 op. 76 risale al 1818 e venne eseguita l'anno successivo in occasione della celebrazione delle nozze d'oro del Re di Sassonia Federico Augusto I (da qui il sottotitolo di Jubelmesse). Partitura particolarmente cara al compositore – la cui ispirazione, per sua stessa ammissione, proveniva «dal profondo del cuore» – si articola in un'ampia varietà di nuance espressive, come dimostrano le curve pericolose affidate alla parte del soprano (originariamente concepita sulle doti vocali di una superstar del belcanto dell'epoca), ma soprattutto il continuo cambio di registri e sfumature sonore che caratterizza per esempio i diversi episodi principali del Credo, dove l'afflato poetico dello splendido "Et incarnatus" si trasfigura nel piglio drammatico del "Crucifixus" per poi sublimarsi nel clima eroico dell'"Et resurrexit".
La vera sorpresa del disco è però rappresentata dalla monumentale Missa Solemnis op. 40 scritta nel 1865 da Friedrich Kiel (1821-1885), autore dal profilo artistico e biografico sicuramente più defilato rispetto a Weber, ma che in questo lavoro dimostra un notevole spessore artistico e spirituale, eredità di una nobile tradizione in cui riecheggiano gli insegnamenti di Bach e Mendelssohn, Mozart e Beethoven.