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Il «banal grande» dei mass-media

Pier Giorgio Liverani domenica 22 agosto 2010
Una raccolta degli spropositi quasi quotidiani dei giornali in materia di religione e di Chiesa, dimostra quanta ignoranza in questo campo circola sulla stampa. Da alcuni studi condotti in India, Usa e Mozambico risulterebbe che, per guarire dalle malattie, «pregare serve» (La Stampa, giovedì 19). Non si dovrebbe dubitarne pensando ai miracoli di Gesù e, per esempio, ai fatti "straordinari" di Lourdes. Il quotidiano torinese, però, ha chiesto un parere a due "esperti" contrapposti. L'astrofisica Margherita Hack ha risposto che «sono tutte cialtronate». Invece il giornalista Antonio Socci, che non teme di testimoniare la propria fede, si è detto convinto che è vero (si pensi alla corale preghiera cui si attribuisce la salvezza di sua figlia Caterina dal coma in cui era inspiegabilmente caduta). Avrebbe aggiunto, però, che bisogna «pensare positivo, cioè a Gesù» e che «la preghiera è guardare in faccia un tutto che è potente, ignoto, buono anche quando non sembra e non ci appare cristiano». In realtà Socci - arrabbiatissimo per essere stato scambiato con Jovanotti e soprattutto perché fatto passare per un panteista - aveva detto (lo ha scritto il giorno successivo su Libero): «Pregare, per noi cristiani, significa guardare in faccia un Tu», ma l'intervistatrice, poverina, aveva scambiato quel "Tu" con un "tutto" da New Age. Il bravo Socci ha doppiamente ragione: c'è «un "banal grande" dei mass media che inghiotte tutto, persino Dio».

Quotidiani strafalcioni
Ecco una raccolta degli strafalcioni delle ultime settimane. Su Repubblica: «La Chiesa individua nel sesso praticato al di fuori della procreazione la fonte del peccato» (17/7); «Il battesimo, cerimonia forse utile, ma piuttosto incomprensbile al neonato» (29/7); titolo: «Prega con la Bibbia e tenta il suicidio all'Ara Coeli», ma nel testo: «Stava pregando con il Corano in mano» (1/8); «Gli abiti dei sacerdoti protestanti» (20/8). Sull'Unità (14 agosto): sotto una foto di primo mattino della distesa di sedie preparate per l'udienza papale del mercoledì e ancora vuote, la didascalia dice: «L'immagine coglie San Pietro prima della consueta messa domenicale». Su Europa infine: lo storico (già comunista) Lucio Villari dichiara che «Cavour morì scomunicato» (30/7), invece il grande statista aveva ricevuto i sacramenti dal proprio parroco, con il consenso del Papa.

Uguali o pari?
Restiamo in tema. Sul Venerdì di Repubblica (23 luglio), Natalia Aspesi spiega così gli "ammazzamenti" delle donne: «Continuano a farci del male perché abbiamo espugnato un dominio che era assoluto» e perché «la Chiesa oppone resistenza all'invadenza femminile»: siano «venerate, purché stiano fuori dai piedi e non pretendano il sacerdozio». Argomenti stantii: che senso ha rivendicare un'"uguaglianza" che, di fatto, trasformi le donne in uomini? C'è un valido motivo perché l'unica specie di viventi che ha un nome specifico per la femmina è l'umana: la somiglianza a Dio. È la loro differenza che fa la femmina "pari" e non "uguale" al maschio, ma questa parità sarà piena quando, invece di imitare l'uomo, la donna avrà finalmente espresso tutta la sua potenzialità femminile. Giovanni Paolo II diceva: «Il suo genio».