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Il virus «fake news». E l'antidoto del confronto

Francesco Delzio sabato 29 aprile 2017
Nel mondo della comunicazione e della pubblicità, ormai, non si parla d'altro. Dopo i casi (clamorosi) del referendum sulla Brexit e delle elezioni Usa, la vulnerabilità della democrazie occidentali rispetto al virus delle fake news (le post-verità) è diventata il "grande mostro" da abbattere. Perché la produzione e la diffusione - spesso organizzata attraverso sofisticate piattaforme tecnologiche - di notizie false, capaci di "inquinare" l'opinione pubblica orientandola verso scelte basate su presupposti errati, è un'arma letale in grado di stravolgere i canoni di formazione del pensiero e del consenso che abbiamo sviluppato e sedimentato nel corso dei secoli.
In Europa il primo governo ad agire è stato quello tedesco. Per evitare che le "bufale" possano influenzare le prossime elezioni, ha messo a punto una bozza di legge che prevede sanzioni fino a 50mila euro a carico di chi diffonda notizie fake sui social media. Ma anche in Italia si sta lavorando a provvedimenti analoghi. Dopo le pubbliche riflessioni del ministro Orlando sul tema, a metà febbraio è stata presentata una prima proposta di legge bipartisan - prima firmataria l'ex parlamentare 5 Stelle Adele Gambaro - che prevede multe fino a 10 mila euro e la reclusione fino a 2 anni per chiunque pubblichi o diffonda su Internet (ma non su testate giornalistiche) «notizie false, esagerate o tendenziose» o si renda responsabile di «campagne d'odio».
In realtà il virus delle fake news ha colto terribilmente di sorpresa istituzioni, opinione pubblica e opinion leader. E dunque, proprio come nella lotta a un male nuovo e particolarmente invasivo, diagnosi e prognosi non sono ancora unanimemente condivise né suffragate da evidenze consolidate. La "cura" più facile, come nei casi che ho citato, è quella di imporre sanzioni rilevanti: nella speranza che, per non correre il rischio di pesanti multe, i social applichino meccanismi di censura preventiva e permanente. Ma c'è un'altra strada possibile. Lo dimostra Wikipedia, la libera enciclopedia on line, che (nonostante una serie di limiti fisiologici) può essere considerata un caso di successo, anche nella gestione delle fake news. Oggi Wikipedia conta circa 41 milioni di articoli disponibili in oltre 290 lingue e 70mila redattori attivi. E la sua "governance" è fondata sul confronto aperto e trasparente tra gli utenti, sulla possibilità per chiunque di segnalare le informazioni sospette, sull'individuazione di regole credibili per la verificabilità delle fonti.
Il vero segreto di Wikipedia è, in estrema sintesi, la collaborazione tra le persone secondo un modello di confronto aperto e trasparente. E se fosse questo l'unico vero antidoto alla diffusione delle fake news?
@FFDelzio