Sono trascorsi quasi quindici anni da quando John Eliot Gardiner ha realizzato la sua celebre registrazione discografica del Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi: un'incisione divenuta ormai di riferimento, pubblicata su cd, videocassetta e ora riversata nel formato Dvd-Video (su etichetta Archiv, distribuita da Universal). Non è quindi tanto sulla novità dell'interpretazione che vale la pena soffermarsi in questa sede (dal 1989 a oggi qualcosa si è andato effettivamente muovendo nella prassi esecutiva del repertorio barocco) quanto sul valore aggiunto fornito dall'innovativo supporto digitale; in particolare, sull'esperienza acustica davvero avvolgente enfatizzata dalla tecnologia surround, che permette di catturare il suono da cinque differenti sorgenti per poi riprodurlo attraverso altrettanti canali di trasmissione, in una vera e propria celebrazione assoluta del magistero polifonico.Registrato nella Basilica di San Marco a Venezia, il capolavoro sacro monteverdiano trova in questo splendido edificio, eccellente cassa acustica naturale e sfondo artistico di impareggiabile suggestione, l'ambito ideale per liberare tutta la sua dirompente carica di spiritualità. Ogni galleria, stallo, balconata, pulpito o "bigoncia" è stata così utilizzata dal direttore inglese per collocare gli interpreti, come punto originario per intrecciare i dialoghi tra cantanti e gruppi strumentali, gli effetti d'eco e i raffinati giochi contrappuntistici: assecondando "teatralmente", con una sapiente regia musicale, la vivacità di soluzioni ritmiche e timbriche offerte dalla varietà formale e stilistica della partitura, data alle stampe nel 1610, tre anni prima che il compositore venisse nominato Maestro di Cappella proprio nella basilica veneziana. A capo delle fedeli compagini vocali e orchestrali del Monteverdi Choir e degli English Baroque Soloists, Gardiner ha inteso compiere, per sua stessa ammissione, «un pellegrinaggio per riportare l'arte di Monteverdi alle sue origini»: nel nome della potenza taumaturgica della Musica che, come il maestro cremonese asserisce nel Prologo dell'Orfeo (pubblicato nel 1609), «ai dolci accenti sa far tranquillo ogni turbato core».