Il vero modo di essere felici è rendere felici gli altri
È questa l'accidia, uno dei sette vizi capitali. Forse il peggiore perché come il peccato di omissione si nutre di inazione, di passività. Una «malattia dell'anima», ha spiegato Papa Francesco nell'ultima udienza generale di maggio, «che improvvisamente scopre la vanità della conoscenza senza fede e senza morale, l'illusione della verità senza giustizia... l'accidia è la resa alla conoscenza del mondo senza più passione per la giustizia e per l'azione conseguente».
Questa è la bruta realtà in cui ci muoviamo. Di fatto, ha aggiunto Bergoglio, «con tutto il nostro progresso, con tutto il nostro benessere, siamo davvero diventati “società della stanchezza”. Pensate un po' a questo: siamo la società della stanchezza! Dovevamo produrre benessere diffuso e tolleriamo un mercato scientificamente selettivo della salute. Dovevamo porre un limite invalicabile alla pace, e vediamo susseguirsi guerre sempre più spietate verso persone inermi. La scienza progredisce, naturalmente, ed è un bene. Ma la sapienza della vita è tutta un'altra cosa, e sembra in stallo».
E, alla fine, «questa ragione an-affettiva e ir-responsabile toglie senso ed energie anche alla conoscenza della verità – ha detto ancora Francesco –. Non è un caso che la nostra sia la stagione delle fake news, delle superstizioni collettive e delle verità pseudo-scientifiche. È curioso: in questa cultura del sapere, di conoscere tutte le cose, anche della precisione del sapere, si sono diffuse tante stregonerie, ma stregonerie colte. È stregoneria con certa cultura ma che ti porta a una vita di superstizione: da una parte, per andare avanti con intelligenza nel conoscere le cose fino alle radici; dall'altra parte, l'anima che ha bisogno di un'altra cosa e prende la strada delle superstizioni». E dunque «se gli anziani, che hanno ormai visto di tutto, conservano intatta la loro passione per la giustizia, allora c'è speranza per l'amore e anche per la fede». Per dirla con Baden Powell, cerchiamo di morire felici, nella coscienza di non aver sprecato il nostro tempo, ma di aver sempre fatto del nostro meglio.