Il Vangelo. E il deserto insegna a fidarsi e affidarsi (domenica 18 febbraio 2024)
I Domenica di Quaresima - Anno B
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Il Vangelo di questa domenica sembra condensare i nostri momenti più difficili e bui, sparge su di loro il profumo della vita, ci insegna, come sempre, a non aver paura. Gesù accarezza debolezze e fragilità, ci infonde calma e ci fa scoprire che in realtà anche il deserto è un momento sacro, pur se impastato e intriso di contraddizioni. Bestie ed angeli convivono, qualcosa ci spaventa e qualcosa ci consola, qualcuno ci accarezza mentre un altro ci ferisce. È bello che l’evangelista Marco non ci parli delle tentazioni, quelle che invece ci vengono raccontate da Matteo e Luca. Forse a Dio non importa la forza che mettiamo nel vincere le nostre debolezze; Dio non ci vuole eroi che riescono in tutto, ma pienamente umani. Lui sa bene che ci sono bestie ed angeli che ci accompagnano e ci chiede, piuttosto, di riuscire a stare in loro compagnia senza farcene spaventare, integrarle nel nostro faticoso vivere, come l’albero che accetta l’arsura dell’estate e il gelo dell’inverno. Arreso ma fiducioso.
Vorremmo che tutto fosse perfetto e scorresse placidamente senza intoppi e interruzioni, senza stridii e lacerazioni e invece questo Vangelo ci indica la strada della comprensione, del saper tutto accogliere e benedire: grano e zizzania lasciati crescere insieme, cielo e terra che coincidono.
Posso fidarmi, posso affidarmi. Anche quando tutto mi sembra stonato sento il sapore della vita che mi stringe alla vita, per cantare nel vento che spinge, nello Spirito che mi conduce a scoprire l’armonia presente nelle dissonanze. Come un abbraccio che tutto raccoglie.
«Il mio supplizio è quando non mi credo in armonia», scrive Ungaretti , E è il supplizio di tutti: spezzati, divisi, lacerati. Continua, il Vangelo, con le parole di Gesù: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino». Un “qui e ora” che interrompe le vuote attese, uno spazio e un tempo finalmente riempiti, un invito a scrutare nelle pieghe della vita perché lì, proprio lì, è imprigionata la luce. Basta guardare meglio: il paradiso trabocca dalla vita, granello di senape nascosto nell’attimo, pronto a crescere e farsi nido di nuovi germogli.
La zolla arida del nostro deserto sente e avverte il mistero della pioggia, si tende a riceverla, a farsi culla. «Ecco io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19). E allora provo, come un fiore pestato nella notte, a fiorire come un arcobaleno. Provo a tornare povero come la natura e semplice come i cieli.
E sento nuovamente che la vita vera sta dietro a ciò che chiamiamo vita. Posso fidarmi, posso affidarmi. Il seme del regno è già qui, tra le mie mani tremanti, nel mio cuore incerto e dubbioso, ma qui. Ed è pronto a sbocciare.
(Letture: Genesi 9,8-15; Salmo 24 (25); Prima Pietro 3,18-22; Marco 1,12-15)