D'estate, forse da sempre, le donne si reinventano, reinventando vesti adatte a sopportare il caldo della bella stagione. Girando per le strade delle nostre città si è colpiti, non da oggi, ma soprattutto d'estate, dalla scomparsa di una vera e propria “moda femminile”, riconoscibile e avvolgente, e non si sa se giudicare la grande varietà di abbigliamenti e acconciature come un segno di libertà – ciascuna a suo modo... – o di un nuovo trasandato conformismo. E forse le due cose sono oggi destinate ad andare insieme, chissà. A dominare sono abiti o gonne di stoffe leggere e colorate, lunghi in genere fino alle caviglie, e sono semmai i maschi di tutte le età – anche in modi peggio che rozzi – a mostrare, diciamo così, le cosce. Quelle gonne o tuniche o sarong che le donne sembrano amare soprattutto d'estate tengono certamente fresco, e la loro colorata varietà mette allegria, anche se risponde a un generale disordine e, come dire?, non “fa moda”, non ha abbastanza forza per imporre un modello davvero comune. Spesso si tratta, d'altronde, di gonne e tuniche comprate sulle tante bancarelle d'abiti usati che, nonostante la pandemia, hanno continuato a offrirsi agli angoli delle piazze e vie di ogni città. A prezzi bassi e bassissimi. A partire da una strada improvvisamente famosa, Carnaby Street, a Londra, quella della minigonna fu forse l'ultima moda femminile diffusa in tutto il mondo detto occidentale e non solo in quello, tra la fine degli anni cinquanta e i movimentati anni sessanta dominati da una generazione di giovani insofferenti (finalmente!) di regole fissate da adulti peggio che conservatori, sia nei comportamenti che negli abbigliamenti. La minigonna fu ideata da una giovanissima e ardita stilista inglese, Mary Quant, una vera figlia del suo tempo che verrà poi fatta Dame da Elisabetta regina per i suoi meriti commerciali e le cui ideazioni chi ha visitato Londra nel 2019 o '20 ha potuto ripercorrere in una grande mostra che le è stata dedicata dal Victoria & Albert Museum. Quegli anni furono anche quelli del Vietnam ma,
subito prima, della “coesistenza pacifica”, di Kennedy, Kruscev e papa Giovanni i cui volti sorridenti ricordo di aver veduto imprevedibilmente uniti in tanti manifesti e cartoline intorno al 1957-'60. La minigonna fu un segno dei tempi, di una controcultura giovanile che si faceva cultura di e per tutti, in tante parti del mondo. E l'immagine femminile che più di altre torna alla mente non è quella di Marilyn Monroe ma, molto più vicina agli ideali di Mary Quant, quella di Audrey Hepburn, inglese anche lei. Come i Beatles e i Rolling Stones. C'è da chiedersi: è preferibile che esista una moda che coinvolge masse di persone (soprattutto di donne) e identifica un tempo, una o più generazioni, o un'assenza di regole, spesso così poco “elegante”, spesso rozzamente bizzarra, di un generale disordine che sa così tanto di provvisorio e casuale?