Il testamento del mezzo-anfibio
met-
tono atti di fede nella scienza»: un'affermazione così categorica (il Manifesto, venerdì 11), assomiglia molto a un atto di fede scientifico e si completa nell'analoga e simile: «L'evoluzione è un fatto». La quale, simile alla prima, sarebbe credibi-
le se fosse corretta in: «L'evoluzio-
nismo è un fatto», cioè una teoria, che, se non proponesse come dogma l'inesistenza di Dio e la "legge della casualità" (un autentico ossimoro), non sarebbe del tutto incompatibile con la Creazione. Invece è un ossimoro, che tenta di accreditare quel «credo quia absurdum» (credo perché è assurdo), che viene opposto ai credenti, attribuendolo a Tertulliano o ad Agostino, anche se nessun pensatore cristiano l'ha mai pensato, avendolo formulato i razionalisti del Sei-Settecento nella loro polemica contro i dogmi cristiani. Secondo il Manifesto, una prova dell'evoluzione dagli acquatici ai terrestri sarebbe il fossile di un «pesce-mezzo-anfibio» di 375 milioni di anni fa trovato in uno strato geologico sottomarino del Mar Glaciale Artico. Ma si può davvero affermare che un pesce, spiaggiato dalle onde, provi a respirare con le branchie e, morendo asfissiato, trasmetta ai discendenti un inizio di polmoni? O che accada l'opposto a un animale terrestre caduto in mare e che, affogando con i polmoni piedi d'acqua, lasci nelle sue disposizioni testamentarie di ritentare fino al successo la sua casuale esperienza? Anche questo è un «atto di fede» nella infallibile scienza dell'evoluzione.
LA SOCIETÀ CAOETICA
Ritenuto uno dei filosofi più acuti, Giorgio Agamben (Repubblica, martedì 8) sostiene, in un'intervista, che bisogna «vivere secondo le proprie idee»: niente «esperienze assertive». Dunque niente dogmi religiosi, perché " dice " «la vera fede non aderisce a un principio prestabilito». Da ciò «la formula "Credo perché è assurdo"», di cui si è detto qui sopra. Strana acutezza quella di pensare che la fede dovrebbe derivare dalle «esperienze assertive» e dalle «proprie idee», perché così non sarebbe più tale. La fede è amica della ragione e reciproco è il loro bisogno. Il filosofo e teologo danese Søren Kierkegaard scrisse che «la fede comincia là dove la ragione finisce». Queste obiezioni valgono anche per l'etica, di cui Agamben parla allo stesso modo, ma che una saggezza antichissima fissò mirabilmente in un albero dal frutto mortale e nelle successive "Dieci Parole" tuttora in vigore. Le «proprie idee» generano " lo stiamo sperimentando " relativismo e caos etico: la "società caoetica".
IL POLIAMORISMO
Una rivista mensile di divulgazione scientifica (psicologia e neuroscienze), Mente & Cervello, si occupa, nel suo ultimo numero, del «poliamorismo» ovvero «amore multiplo», come spiega Repubblica (martedì 8) Commentando questo rilancio del «poliamorismo» da vecchi sessantottini, la scrittrice Lidia Ravera scrive: «La monogamia è transitoria. In maturità si diventa disinibiti». La Ravera fu l'autrice, 35 anni fa, di "Porci con le ali". Una conferma che questi ultimi volano ancora assai basso.