Il tempo delle schiavitù e la liberazione dal Sahel
I caporali e i sorveglianti del popolo dovevano eseguire gli ordini del faraone. Il popolo avrebbe dovuto procacciarsi anche la paglia con la quale impastare i mattoni dell'impero. Lo stesso numero di mattoni, di casse, di camion e di furgoni. Una produzione di origine controllata, quella dei mattoni e i pomodori del Tavoliere delle Puglie. Caporali dappertutto, nella politica e soprattutto nell'economia, che poi è lo stesso per i faraoni di oggi e di ieri. Quanto alla mano d'opera, gli schiavi d'oggi si trovano sulle rotte che passano da questa parte del mondo. Si globalizzano le frontiere e le schiavitù ad uso dei faraoni del momento.
Li hanno condannati a qualche anno di reclusione con l'accusa di aver ridotto in schiavitù gruppi di migranti. Un camerunese di nome Jean Pierre che ha fatto gettare le catene con lo sciopero dei braccianti è alla base della legge che ha permesso la condanna dei caporali e i loro affiliati. L'Africa ha una grande esperienza in questo ambito, le catene che sono servite per secoli. I musulmani prima e i cristiani poi le hanno usate, promosse e propagate per controllare gli schiavi. Le altre catene si sono sviluppate poi di conseguenza. Nell'immaginario e nelle carni delle generazioni che le hanno assimilate e riprodotte. La storia del mondo è storia di catene.
L'email ricevuto tempo fa da Federica ben lo ricorda…È proprio una oscenità questo "burattinaggio" di finte solidarietà , migranti usati come pedine per mascherare interessi di potenti , i nuovi schiavi in modo quasi legale perché comunque dopo lusinghe per una vita migliore sono strappati alle loro terre e famiglie pur di vivere dignitosamente e non si accorgono che cascano in bocca al lupo, schiavi loro ma anche noi europei che siamo condizionati a pagare un duro prezzo una finta libertà e non ci si accorge quanto sprechiamo di vita per un pugno di apparenza felicità…
Da un Sud all'altro, sono le stesse catene di schiavitù. Ad ognuno le sue. La miseria, la paura, il sospetto e i faraoni che non mancano mai. Neppure i caporali mancano, e neppure la manodopera che l'Africa fabbrica con le migliori intenzioni. Nascono incatenati e sono liberati subito dalle frontiere e dal permesso di soggiorno. Vorrebbero esportare la libertà e per questo arrivano dall'altra parte del mare di sabbia. Trovano i caporali e i fiancheggiatori che li obbligano a fare i mattoni per le piramidi e a raccogliere le angurie coi pomodori per i concentrati delle multinazionali. Vengono per spezzare le catene e non ce ne siamo accorti.
È la lotta che li ha resi liberi dalle catene. Lo sanno per esperienza che cosa voglia dire ribellarsi ai faraoni d'Egitto e a quelli d'Occidente. Malgrado noi, arrivano per spezzare le nostre catene e a farci precari apprendisti di libertà. Sfidano il deserto e le frontiere, passano il mare e sbarcano cantando con le mani nude.
Niamey, luglio 2017