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IL TEMPO DELLE RISPOSTE

José Tolentino Mendonça sabato 18 febbraio 2017
Ho imparato da un amico scrittore quella che sembra essere una pratica corrente, diciamo pure una bella pratica, in alcune letterature. Di fronte a una domanda, gli autori non registrano immediatamente la risposta, ma indicano una pausa che permetta di respirare, un tempo di silenzio necessario per decifrare ciò che si è appena udito o semplicemente per vivere lo stupore e lo sconcerto che tante volte ci afferra davanti alla vita che si fa vicina. Certe letterature sembrano valorizzare l'impatto esistenziale della domanda, che mai è accolta in modo meccanico, che mai ci sorprende invano. Per questo, coloriscono il testo con una quantità di puntini.
- Dove vai?
- …
- Che cosa vedi da quella finestra?
- …
- Faremo ancora in tempo?
- …
Non che le risposte non esistano. In realtà alla fine emergono. Ma questo modo di rappresentare il cammino che le domande fanno nel nostro intimo ci aiuta a guardare altrimenti alla comunicazione umana. Se non lasciamo alla domanda la possibilità di abitarci, nemmeno riusciremo a individuare la risposta che potrà illuminarla. Se non sappiamo ascoltare il silenzio del mondo, come saremo capaci di ascoltarne la parola?