La strepitosa risposta della Juventus al Milan l'altra sera balzato in vantaggio con il suo magnifico Faraone nei quarti di Coppa Italia, cela a fatica l'arma segreta della Signora Omicidi che secondo critica corrente non ha il Top Player (il mago Vucinic, poverino, non merita tanto, in fondo è cresciuto a Lecce...) e dunque deve cavarsela con l'operaismo del Collettivo. Come se il calcio non fosse un gioco di squadra, giusta la reazione – magari un po' scomposta – di Mazzarri quando precisa che Cavani è grande perchè il Napoli lavora per lui (l'ultimo Uomo-Squadra vincente ch'io ricordi si chiamava Maradona, peraltro così utile ai successi e ai guadagni dei compagni che si facevano schiavizzare con gioia). La Juve ha un segreto solo per chi non vuole riconoscerlo, per chi ama l'aristocrazia pallonara stabilita per ingaggi e non per capacità effettive. La Juve ha il carattere del suo allenatore, di quell'Antonio Conte che - nonostante sia confrontato a Trapattoni e Lippi - non somiglia a nessuno, non è allievo di qualcuno e forse non sarà mai neanche maestro: perchè la sua energia - nell'esito chiamata Intensità - non si trova ai corsi di Coverciano, proprio come la rabbia di Mazzarri; e se quest'ultimo è perseguitato da un complesso d'inferiorità che lo costringe a sognare la guida di Juve, Inter o Milan, come se non bastasse il Napoli a dargli nobiltà, Conte è invece dotato di una carica di “superomismo” che già rivelava alla guida dell'Arezzo, del Bari, del Siena, indipendentemente dalla serie in cui militava e dagli avversari che l'affrontavano. Per Conte - che ritengo semmai erede dello spirito narcisistico di Giampiero Boniperti, mai in panchina eppure felice burattinaio dietro le quinte - la sconfitta è l'offesa, la risposta dev'essere pronta e forte, e la relativa vittoria - come l'altra sera - non è figlia di uno spericolato spiegamento di forze ma di ripetuti scatti d'orgoglio. E della paura. La paura di subire le reprimende di un capo che non scherza, come quel giorno in cui mandò a quel paese l'intera organizzazione calcistica che aveva osato squalificarlo. Sotto questo punto di vista, la Juve è battibile, perchè la sua è una supremazia morale-psicologica, condivisa da un gruppo di egregi professionisti non sempre al top, se si esclude quel Pirlo cui avrei dato almeno un pallone d'argento (per quel che conta, poi...) e quel Buffon che, come dopo la batosta Samp, s'è caricato sulle spalle anche gli errori del mister. Se il Milan avesse avuto la stessa grinta non avrebbe sprecato il vantaggio, soprattutto pensando alla Coppa Italia come consolazione di un campionato amaro (vedi il Napoli di un anno fa) e a dare una mano - magari anche il cuore - al povero Allegri martirizzato dal Berlusconi che un giorno fa il trascinatore e l'altro l'affossatore. (E che insolita caduta di stile retribuire d'insulti un ragazzo - non un calciatore - come Balotelli, il cui tutore è un incolto smargiasso; così come snobbare Allegri come fosse un meschino scroccone di immeritati stipendi). Sic rebus stantibus - direbbe Lotito - resto dell'idea che solo il Napoli potrà render difficile la vita alla Juventus, oltre quello che han saputo fare Stramaccioni e Rossi allo Juve Stadium. Il baby mister dell'Inter non ha saputo gestire la clamorosa vittoria (e gli avevo prospettato il rischio la stessa sera in un faccia a faccia) mentre il sor Delio ne farà tesoro per rilanciare gli spaesati orfani di Ferrara. Il Napoli ha Cavani e una squadra di cuore. Sarebbe bello veder precisarsi la sfida il primo marzo, al San Paolo, fra un impegno e l'altro della Juve in Champions.