Più volte, nelle cronache sulla guerra in Ucraina che si incontrano nell'infosfera ecclesiale, si trova citato il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose (Uccro): qui su "Avvenire" lo ha fatto, giovedì 21 aprile, Riccardo Maccioni (
bit.ly/395xV7z ) a proposito della richiesta, partita da papa Francesco e fatta propria dall'ONU, di una tregua pasquale; sul "Sir", il giorno dopo, Maria Chiara Biagioni (
bit.ly/3rLcvn0 ) ha ripreso un appello di tale organismo a tutte le figure religiose ucraine per ottenere dalle autorità l'evacuazione dei civili e dei militari feriti dallo stabilimento Azovstal di Mariupol. Se si visita il sito ufficiale dell'Uccro (
bit.ly/3v8cEmj ) si ottiene non solo di conoscerne il profilo e l'attività, ma anche di riflettere sul suo valore, tanto più alto quanto più se ne constata, in questo momento, la debolezza. È scritto in ucraino, russo e inglese. Nella sezione "Informazioni sul Consiglio" si apprende che esiste dal 1996 allo scopo di «unire gli sforzi delle diverse denominazioni religiose nella rinascita spirituale dell'Ucraina» e che comprende 16 istituzioni in rappresentanza di: ortodossi calcedonesi (2), cattolici (2), apostolici armeni (la Chiesa apostolica armena, che attualmente esprime il presidente, vescovo Marcos Hovhannisyan), protestanti (7), ebrei e musulmani, più la Società biblica. Nella sezione "appelli" e in quella "eventi" si contano, dall'inizio dell'anno, 20 post relativi allo scontro tra la nazione ucraina e quello che, già il 26 gennaio, era indicato come «l'aggressore russo». In alto a sinistra l'occhio cade sul logo dell'organismo: una cartina dell'Ucraina, colorata con delle barrette e dei punti disposti regolarmente, di colori diversi ma non contrastanti. Non si può fare a meno di chiedersi con sgomento se, e come, e quando quella cartina dovrà essere ridisegnata.