il silenzio parlante
che esistono silenzi che colpiscono più di una parola urlata. È ciò che si vuol sottolineare in uno dei tanti apologhi (variamente raccolti) dei cosiddetti "Padri del deserto" egiziano. Per cogliere il messaggio dell'uomo autenticamente silenzioso, per intuirne il rimprovero, bisogna essere capaci a propria volta di silenzio. Quel vescovo si lasciava cullare dalle acclamazioni dei monaci, dai loro convenevoli, dalle frasi di cortesia e forse di adulazione. Abbà (cioè "padre" e maestro) Pambone non si accoda al coro e subito - volenti o nolenti - quel silenzio risulta più forte del chiacchiericcio. C'è, dunque, da imparare anche il vero tacere, tutt'altro che facile quando ci si vuole far notare dagli altri, soprattutto dal potente di turno. Il Salmista fa questo proposito: «Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; porrò un freno alla mia bocca!» (39, 2). Esercizio importante ma arduo, perché «gli uomini - diceva il filosofo Spinoza - non governano nulla con maggior difficoltà che la lingua».