VII Domenica Tempo ordinario - Anno B Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!». Il paralitico di Cafàrnao. Lo invidio. Perché ha grandi amici: forti, fantasiosi, tenaci, creativi. Sono il suo magnifico ascensore, strappano l'ammirazione del Maestro: Gesù vista la loro fede... la loro, quella dei quattro portatori, non del paralitico. Gesù vede e ammira una fede che si fa carico, con intelligenza operosa, del dolore e della speranza di un altro. I quattro barellieri ci insegnano a essere come loro, con questo peso di umanità sul cuore e sulle mani. Una fede che non prende su di sé i problemi d'altri non è vera fede. Non si è cristiani solo per se stessi; siamo chiamati a portare uomini e speranze. A credere anche se altri non credono; a essere leali anche se altri non lo sono, a sognare anche per chi non sa più farlo. «Sei perdonato». Immagino la sorpresa, forse la delusione del paralitico. Sente parole che non si aspettava. Lui, come tutti i malati, domanda la guarigione, un corpo che non lo tradisca più. Invece: figlio, ti sono perdonati i peccati. Perdonare è nel Vangelo è un verbo di moto: si usa per la nave che salpa, la carovana che si rimette in marcia, l'uccello che spicca il volo, la freccia liberata nell'aria. Il perdono di Cristo non è un colpo di spugna sul passato, è molto di più: un colpo di remo, un colpo di vento nelle vele, per il mare futuro; è un colpo di verticalità, se si può dire così, per ogni uomo immobile nella sua barella. Il peccato invece blocca la vita, come per Adamo che dopo il frutto proibito si rintana dietro un cespuglio, paralizzato dalla paura. Finita l'andatura eretta, finiti i sentieri nel sole! Il peccato è come una paralisi nelle relazioni, una contrazione, un irrigidimento, una riduzione del vivere. Sei perdonato. Senza merito, senza espiazione, senza condizioni. Una doppia bestemmia, secondo i farisei. Essi dicono: Dio solo può perdonare. E poi: Dio non perdona a questo modo, non così, non senza condizioni, non senza espiare la colpa! E Gesù interviene: Cosa è più facile? Dire: i tuoi peccati ti sono perdonati, o: alzati e cammina? Gesù per l'unica volta nel Vangelo dice apertamente il perché del suo miracolo: lega insieme perdono e guarigione, unisce corporale e spirituale, mostra che l'uomo biblico è un'anima-corpo, un corpo-anima, un tutt'uno, senza separazioni. E rivela che Dio salva senza porre condizione alcuna, per la pura gioia di vedere un figlio camminare libero nel sole, perché la grazia è grazia e non merito o calcolo. Tutti si meravigliarono e lodavano Dio. Attingere alla meraviglia, sapersi incantare per questa divina forza ascensionale che ci risana dal male che contrae e inaridisce la vita, forza che la rende verticale e la incammina verso casa. Per sentieri nel sole. (Letture: Isaia 43, 18-19. 21-22. 24b-25; Salmo 40; 2 Corinzi 1, 18-22; Marco 2, 1-12)