Stavolta mi ci ero messo di impegno. Ho acceso i fornelli e cominciato a preparare la carbonara. Solo per me, per affinare dosi, tempi e tecnica e capire una volta per tutte quale fosse il modo giusto di fare questo piatto semplice e succulento, popolare ma mai banale. Ho tagliato con cura il guanciale nostrano, l'ho fatto rosolare e messo da parte. Ho preso l'uovo del contadino, tolto l'albume e usato il tuorlo, mescolandolo col pecorino romano grattugiato. Un filo di acqua di cottura per amalgamare al meglio uovo e formaggio, pasta scottata messa direttamente in padella a cuocere nel grasso del guanciale, con acqua di cottura a corredo. Ero felice, il risultato era dietro l'angolo. Poi è arrivato un messaggio di lavoro che non ti aspetti alle otto di sera. Preso dalla foga ho risposto. Finito di far ciò la pasta era pronta, ho versato frettolosamente l'uovo nella padella, senza attendere che si raffreddasse qualche minuto. Ed ecco: invece della carbonara ho mangiato pasta con guanciale e una sorta di frittata scomposta.
Basta un attimo, un tempo sbagliato. Come quello del musicista che entra un ottavo dopo rispetto a tutti gli altri e fa un pastrocchio, o del guidatore che frena un momento dopo e tampona l'auto davanti, ferma al rosso del semaforo. L'attimo dopo è sempre un'occasione per rivoluzionare tutto completamente. Nel bene o nel male, ma cambia le carte in tavola. Bisognerebbe avere la certezza degli attimi. L'attimo non è incerto, mai: si prende il suo spazio, non importa come, dove o quando, se lo porta sempre a casa. Spesso siamo noi a non coglierlo, l'attimo. C'è una frase del film L' attimo fuggente che mi è sempre rimasta impressa: «Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo – lo sai – vola, e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà». L'attimo che fugge e il tempo cambia, in un attimo. Come una carbonara che, cucinata con sentimento, l'attimo dopo diventa una frittatina con pasta.