Il senso “economico” del Giubileo dall'etica dei campi alle voraci città
grosso modo alla sua speranza di vita e delimita dunque il surplus al suo merito individuale: «Ciascuno in Israele ritornerà alla sua eredità ed alla sua famiglia, se ne è stato alienato personalmente. Questa legge abbraccia il tempo, perché non soltanto la mannaia cade ogni cinquant' anni, ma si calcolano le vendite a partire dall'ultimo Giubileo, e questo vuol dire che l'ombra (agli occhi dell'avaro) o piuttosto la luce del Giubileo, data vivente e vibrante, dura per i quarantanove anni a venire». Ne La contro-epopea del deserto, saggio sull'Esodo, il Levitico ed il Deuteronomio, l'eccellente esegeta Jacques Cazeaux presenta questa reintegrazione giubilare come una vera «rivoluzione sociale e politica», dove la parola “rivoluzione”, per una volta, assume pienamente il suo doppio senso di avvenimento e di ritorno: «La soppressione dei latifondi o, più semplicemente, l'impossibilità di far perdurare le grandi proprietà, sabota alla radice le velleità di un clan o di una Tribù, e a maggior ragione di un re». Questa soppressione è tuttavia benefica per lo stesso grande proprietario: «Che cosa si può fare con un milione di acri? si chiede un personaggio di Furore. Si va in giro in un'automobile blindata. Si diventa un tipo grasso e molle, con piccoli occhi cattivi e una bocca simile al buco di un culo. E si ha paura di morire […] Se uno ha bisogno di un milione di acri per sentirsi ricco, deve essere perché si sente terribilmente povero dentro…». Una proprietà troppo grande, che supera la scala della nostra cura attenta, la possediamo meno di quanto essa non ci possieda: la sua realtà lascia il posto agli innumerevoli calcoli che invadono la nostra testa. Il Giubileo ci alleggerisce di questo peso. Delimita un campo alla nostra misura, a quello della nostra famiglia, dove possiamo agire realmente come "signori". Di questa legge, insopportabile per l'egemonia del mercato liberale, bisogna fornire una spiegazione e notare un'eccezione. La spiegazione è che ogni acquisizione si fonda su un dono originario, sia della cosa acquistata che dell'acquirente stesso, l'una e l'altro essendo creati dall'Eterno: «Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini». (Lv 25 23). Paradossalmente, sta veramente a casa propria solo chi riconosce che è solamente un ospite sulla terra che Dio gli dà. In questa riconoscenza, egli accoglie la sua eredità come una provvidenza e si ricorda che senza la mano forte e il braccio teso del Signore sarebbe ancora nel paese della schiavitù, a sgobbare per le città-deposito di Pitom e Ramses. Così , sapendo che deve la sua situazione ad una grazia, uno non cerca di arrogarsi ciò che appartiene all'altra famiglia e il cui accaparramento sarebbe anche la sua propria alienazione. Al contrario, avendo ricevuto senza merito, egli restituisce senza ritorno, si libera del surplus, lascia agli spigolatori le stoppie della sua mietitura e i bordi del suo campo: «Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino al margine del campo e non raccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, il vostro Dio». (Lv 23 22). L'eccezione riguarda le città. Le case urbane – perlomeno quelle che in origine non appartengono ai Leviti – sfuggono alla legge del Giubileo. Il primo proprietario dispone di un diritto di riscatto, ma, se non ne ha i mezzi, non recupera automaticamente il suo bene. La città è il luogo proprio del commercio, mentre la campagna è quello dell'agricoltura. Ora, ciò che si tratta di garantire non è innanzitutto l'appartamento, né il palazzo e neppure il World Trade Center, che hanno il loro valore secondario e relativo, ma l'oikos, la casa con il suo pezzo di terreno che permette di assicurare la sussistenza della famiglia. Ma chi, oggi, conserva ancora questo senso economico del Giubileo? Gli economisti non sanno che l'economia ha un rapporto con tutto questo. E i cristiani evaporano in un giubileo astratto.