Rubriche

Il rumore del cuore

Alberto Caprotti venerdì 1 novembre 2024
Alcuni rumori si portano dietro la capacità di fermare il tempo, rubare l’attimo e non lasciarlo più. Li ascolti quei suoni, magari non riesci a collocarli subito nella geografia dei posti che hai visto e abitato, ma ti sembra di averli nelle orecchie da sempre. Per me, il rumore del cuore è il “gong” di un vecchio piatto di rame con una bacchetta di
legno che i nonni nella casa di montagna usavano per richiamare a pranzo noi nipoti dispersi
in giardino, in quei mesi di fantastica giovanile felicità vacanziera fatta di alberi da scalare e di pomeriggi di pane, burro e zucchero. Il “gong” fermava quel tempo di confini assenti, riportava all’ordine delle cose, era la parentesi del dovere in mezzo al diffuso piacere di vivere senza pensieri. Quello era un luogo lontano dal superfluo, non perché fosse un posto più bello di altri, ma perché sapeva di buono. E se di luoghi belli il mondo è pieno, i luoghi buoni scarseggiano sempre. Certo, l’estetica conta. E quel paese di boschi verdi e nuvole veloci come scolari in ritardo, di bellezza ne ha tanta. Ma non è questo il punto. Perché la bellezza ha senso solo per ciò che se ne fa. Non serve se resta un magnifico quadro appeso che non produce gioia, stupore o desiderio. Sei tu che devi darle un’anima, renderla sfondo per i ricordi. O, meglio ancora, base per costruirci qualcosa. © riproduzione riservata