Il ritorno dei «due preti sbandati» con una coppia di migranti e un cane
La cosa più stupefacente è che queste quattro persone non fossero assolutamente al corrente dei grandi drammi che hanno decimato l'umanità in questi ultimi mesi. Né dell'epidemia di influenza suina, la cui origine ancora non si sa se sia una mutazione naturale o un atto di terrorismo batteriologico, né del conflitto mondiale che è deflagrato per la questione israeliana, né della crisi petrolifera che gli ha fatto seguito rendendo così rara quella risorsa dalla quale eravamo ancora troppo dipendenti (l'elicottero che per caso ha scoperto i nostri quattro sbandati non sarebbe certo stato rifornito di carburante se la sua missione non fosse stata di soccorrere qualcuno dei ministri che si trovavano sull'A318 Neo+), nessuno di questi avvenimenti era giunto ai loro orecchi. Come sono rimasti al riparo da quello che resterà per sempre negli annali della storia come l'anno della grande paura? La chiave di questo enigma resterà probabilmente per sempre chiusa nella testa del loro cane. Egli solo manifesta un comportamento normale, sebbene risponda al nome di Ignazio di Loyola …». La situazione internazionale era troppo catastrofica perché i giornalisti si attardassero ancora per molto sul nostro caso. C'era la testimonianza dei superiori della nostra congregazione. Ma padre Gesualdo, il nostro priore e anche il nostro priore vicario, erano morti di influenza suina e i Ritrovamentisti erano stati dispersi metà dalla guerra e metà dalle autorità romane. Aspettiamo ora la nostra incardinazione nella diocesi di Las Paquitas. Ugo vi ha ritrovato la vecchia Mercedes Mendoza. È sopravvissuta anche lei alle calamità che si sono abbattute sul genere umano. Oggi non saprei dire se abbiamo davvero attraversato la Metagonia o se non ho fatto altro che scendere al fondo di me stesso, fino al mio niente. In ogni modo lo stato del mio spirito non è più abbastanza stabile perché possa fare una netta divisione tra i miei ricordi e i miei sogni, tra ciò che ho vissuto e ciò che ho scritto. È Ugo che mi ha chiesto di scrivere: «Il dottore dice che è bene che ti aggrappi alla tua memoria, può rallentare la progressione del male…». Chissà se è un male. Chissà se non sia meglio per me entrare, come un Cormoranis, in una semplicità vegetale. O di sparire come un Asti, per esserci. Comunque sia, ho approfittato di qualcuna di quelle ore, sempre più ridotte, dove non sono assente a me stesso per raccontare la nostra storia e ritardare un po' la scomparsa del mio io. Che farò adesso? Ugo mi consiglia di intraprendere la redazione di un altro testo – di spiritualità… Qualcosa come Sperare alla fine dei tempi o La preghiera è il fondo dell'essere. L'idea gli è venuta l'altro ieri, dopo che l'ho informato che stavo per finire questo racconto. Stavo piangendo, ancora una volta, senza ragione, o forse senza emozione e con la Ragione stessa. Non si tratta di dispiacere né di gioia. Oppure è più che dispiacere e più che gioia: un sentimento che non ha niente di psicologico che diventa il fondo della mia persona, una lode dolorosa o una supplica felice, non so… ma non sarei sorpreso se uno di questi giorni, come la ninfa Aretusa, mi trasformassi in fonte. L'ho detto a Ugo, e Ugo mi ha detto:
- Molto bene, potresti scrivere un libro di spiritualità dal titolo Sperare alla fine dei tempi… oppure La preghiera è il fondo dell'essere… oppure L'arte di trasformarsi in fonte…
- O ancora Esercizi di nullità, ho risposto accarezzando la testa di Ignazio, metodo affinché la morte alla sua venuta non trovi più un granché …
Certo è che laggiù, in Metagonia – grazie…
scusate… – il mio sogno di martirio si è poco a poco trasformato in desiderio di omicidio, la mia ambizione di convertire i selvaggi in necessità di essere convertito io stesso e di imparare a vivere col mio vecchio vicino di camera. Il nostro bilancio di missionari non è grandioso. Abbiamo seminato la zizzania in molte tribù che forse, in questo momento, hanno appena finito di scannarsi tra loro. Abbiamo riportato un cane, e devo dire che è un buon cane, giocherellone, fedele, affettuoso, per me resta un esempio. Siamo riusciti a trascinare con noi due giovani Exatani, non parlando loro di Gesù, ma facendogli credere che avremmo divorato il cuore di lui e la natica destra di lei… La cosa più sconcertante è stata indubbiamente scoprire al nostro ritorno che non eravamo nel posto giusto al momento giusto. Checché ne dica Ugo, mi dico che dovevamo stare vicino ai nostri, in Europa, quando fronteggiavano l'epidemia, o in Israele, forse. Nel nostro mondo grandemente devastato la vita riprende lentamente, con gesti elementari, e posso avere talvolta l'impressione che l'Eden ci sia ridato per qualche tempo prima della prossima e forse definitiva catastrofe. Il battesimo dei nostri due innamorati avrà avuto l'incontestabile vantaggio di semplificare i loro nomi: Oonatohuicatziltatepetl si chiama ora Marieva, mettendosi così due volte sotto la protezione della prima donna, e Zatoninicacatzinahuilmatepec si chiama oramai Pepito, perché, chissà come mai, le sonorità di questo nome gli piacciono più di tutte le altre. Il loro figlio è nato una settimana fa. L'abbiamo battezzato ieri. Si chiama Benedetto, e Mercedes Mendoza è la sua madrina.
(44, continua. Traduzione di Ugo Moschella)