Il ristorante esclude il contadino
Secondo la Nielsen, dunque, oltre il 70% degli italiani con più di 14 anni frequenta abitualmente la ristorazione fuori casa: la pizzeria rimane il locale preferito (54%), seguito dai ristoranti tradizionali (33%), pub/birrerie (19%), trattorie (17%), fast food (17%) ed altri. E cresce anche il numero dei luoghi di ristorazione. Certo, uno 0,2% di crescita equivale più che altro ad una "tenuta" del mercato, ma in tempi difficili come quelli che l'economia sta vivendo, gli operatori sono costretti a fare i conti ed effettuare le loro previsioni anche con i decimi di punto.
È proprio sulla base di queste statistiche che a Parma si è parlato della necessità di partnership strategiche più forti tra l'industria alimentare e la ristorazione, soprattutto quella cosiddetta "organizzata" che va di pari passo con la grande distribuzione. Strategie che, di fatto, tendono ad eliminare, o in ogni caso a contenere, i canali più tradizionali del commercio alimentare e agroalimentare. È, cioè, una strada che sembra andare nella direzione opposta dei punti di vendita tradizionali, dei mercatini degli agricoltori, degli acquisti effettuati direttamente dal produttore, della valorizzazione dei prodotti Dop e IGP che un'altra parte del comparto, invece, ha preso come riferimenti di sviluppo e valorizzazione della propria attività.
Il problema, tuttavia, è che gli uni e gli altri attori della filiera alimentare si rivolgono agli stessi interlocutori: i consumatori alle prese con bilanci familiari ristretti. Una situazione pressoché identica quindi, può condurre a conclusioni quasi opposte. L'aver a che fare con bilanci risicati e prezzi comunque elevati, per alcuni dovrebbe spingere alla "spesa in campagna" alla ricerca di cose genuine e sane, per altri ad una "razionalizzazione dei consumi" e alla maggiore frequentazione dei supermercati e dei discount alla ricerca dei primi prezzi e degli sconti. Come al solito, la realtà sta nel mezzo di queste due interpretazioni. Ma l'accentuarsi della divaricazione delle strategie di approccio al mercato alimentare, può portare a conseguenze rischiose come l'emarginazione dei produttori agricoli, la crescita della concorrenza basata più sul prezzo che sulla qualità e sulla sicurezza, l'esasperazione dei concetti di "tipico" e Made in Italy, la compressione dei margini per tutti.