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Il riscatto del vino made in Italy

Vittorio Spinelli sabato 20 agosto 2005
La ripresa dei consumi di vino potrebbe davvero rivelarsi tale: non solamente un «rimbalzo» delle statistiche ma una vera e propria inversione di tendenza negli acquisti che, seppur con cautela, sta già facendo ragionare gli addetti ai lavori. Tutto in attesa di due segnali: le prime previsioni affidabili sulla prossima vendemmia e altri dati che confermino quelli registrati a metà anno. I primi numeri, in ogni caso, hanno già spinto qualcuno - come gli organizzatori del Salone del Vino di Torino in programma ad ottobre - ad interpretare il mutamento del mercato. Alla base dell'inversione di tendenza della domanda ci sarebbero la valorizzazione dei vitigni autoctoni e, soprattutto, il contenimento dei prezzi. Cause che stanno funzionando nel mercato interno, ed a cui si sommano quelle che stanno soffiando sulle vendite nei mercati esteri, primo fra tutti quello americano. Si tratta di una situazione che è sotto la lente di ingrandimento delle più importanti cantine italiane, ma che dovrà ancora raccogliere alcune conferme anche se non riporterà il comparto ai fasti del passato. Troppa la strada da percorrere, oltre che troppo diverse le condizioni economiche. Basta pensare che, secondo una recente ricerca dell'Ismea (l'Istituto per gli studi sui mercati agroalimentare), in cinque anni (dal 2000 al 2004), i consumi di vino sono scesi dell'11% in volume ad un ritmo del 2,9% all'anno e che i primi mesi del 2005 hanno registrati aumenti sotto il punto percentuale. Tracollo per i vini da tavola (-3%) seguiti da quelli Doc e Docg (-1,4% all'anno). Al contrario, la spesa è cresciuta, sempre nello stesso periodo, del 5%. Una indicazione chiara di quanto abbiano pesato i prezzi saliti del 17% circa al consumo, contro il 9% alla produzione. Solamente sul finire del 2004 sono stati registrati i primi segnali di cambiamento: i consumi di quell'anno, infatti, sono stati praticamente pari a quelli del 2003. Ma cosa potrà accadere adesso? Per capirlo servirebbe la sfera di cristallo, soprattutto perché le condizioni economiche sono ancora altamente instabili. Qualche ipotesi può essere fatta sulla scorta di alcune indicazioni che arrivano sempre dal mercato. Oltre al successo dei vini autoctoni, infatti, è stato registrato un buon andamento di quelli bianchi rispetto a quelli rossi, sempre che siano a denominazione di origine. La qualità sembra essere il faro in grado di guidare le cantine italiane. Ma, nello scavare le ricerche più recenti, si possono anche trovare indicazioni diverse. Accade così che sempre l'Ismea indichi fra i prodotti trainanti il vino da tavola rosso, fra quelli in crisi il normale vino sfuso e fra quelli in netta discesa tutti gli Champagne. Segnalazioni più che serie perché arrivano direttamente dal mercato, ma che danno dal filo da torcere a chi fosse portato a effettuare previsioni troppo trancianti. Il mercato, specialmente quello alimentare, non è infatti prevedibile solamente in base alla statistica.