Due partite, due vincitori criticati, due cadute minimizzate, un dibattito mediatico debordante, risultato di cento giorni da Accademia dei Paroliberi & Nostalgici. Juve-Milan, suvvia, parliamo di Cristiano Ronaldo. Preme rivisitare la prova di CR7 che ha commesso un grave errore esibendo quotidianamente su Instagram la sua forma smagliante per la gioia di milioni di followers: sul campo, poi, la Verità, risultato di cento giorni di effettiva prigionia, che il calcio - per chi lo conosce - non è solo un gioco fisico. È vero che Brera nel dopoguerra affidò alle bistecche il recupero degli italianuzzi stortignaccoli, ma personalmente mi sono permesso di attribuirlo piuttosto a un vigore morale che fu ampiamente documentato dal Grande Torino e dal Valentino che donò agli italiani il gesto proverbiale della rinascita tirandosi su le maniche. Lasciamo perdere Ronaldo, alla Juve è bastato, come sempre, approntare una difesa attenta e al resto hanno pensato Bentancur, il don Rodrigo signore del centrocampo, e lo zero a zero dell'andata, equilibratore degli sforzi. Parliamo piuttosto dell'Inter. La processiamo per la prima toppata dopo il lockdown? Giammai. L'Italia degli avvocati difensori ha protestato energicamente, ma come spesso capita i legulei non eran tutti d'accordo. C'e' chi ha trattato gli interisti con toni carezzevoli dicendoli, poverini, ancora vittime del virus pestifero; c'e' invece chi ha tratto dalla prova del San Paolo ottimi auspici, segnalando una squadra sana, battagliera e con tutte le cose a posto - diciamo i giocatori e la loro posizione in campo - escludendo Lautaro. Dov'era “El Toro” l'altra sera? Molti dicono a Barcellona, forse facendo torto alla sua onestà. O alla sua intelligenza. Non sarà un altro Caso Icardi? L'accostamento comportamentale è gratuito, probabilmente falso; a me viene solo in mente che lui e Maurito erano amiconi nella vita di tutti i giorni, e in campo: ne avrei tratto gol e potenza. Ma non si può dire, meglio rammentare le Difficoltà Oggettive, dire che quest'Inter fatica a vincere perchè non vince nulla da nove anni. Dimenticando che arrivò Mourinho e vinse subito una Supercoppa Italiana, uno scudetto e il Triplete. Mi rifiuto di andar oltre. Anche perchè ho cominciato a sentire i primi scienziati del pallone esibirsi in tv come gli scienziati del virus, questi in realtà molto più pericolosi dei blablaisti del 4-2-3-1. Il calcio, signori miei, si è ripresentato a Napoli in vesti umanissime che esalto da decenni, da quando ho abbracciato, con gioia, proprio il calcio dal volto umano. Protagonista positivo assoluto - finalmente - Rino Gattuso. Faccio il cronista, io, non il narratore con turibolo. Ci ha messo il suo tempo, Ringhio, a far tornare i conti, forse disturbato dalla pessima prestazione del Maestro (non sono ingiustamente duro con Ancelotti se è vero che De Laurentiis ha appena confessato di aver meditato il suo esonero dalla fine del primo mandato), forse ancora frustrato dall'esperienza milanista; forse perché vedi Napoli e poi muori se non t'adatti in fretta alle usanze locali; che non vuol dire - come alcuni pensano - cercare il consenso della piazza. Anzi. Reja, Mazzarri, Benitez e Sarri sono “cresciuti” a Castelvolturno, ciascuno a modo suo, naturalmente, dal punto di vista tecnicotattico. Gattuso, che sembrava il meno dotato, ha lavorato con forza sugli uomini e ha ottenuto infine quel che s'è visto l'altra sera: la sana e convinta reazione al gol di Eriksen, impersonata da Ospina che ha “sentito” la fiducia del tecnico dopo la toppata diventando protagonista della partita con Insigne, il solipsista pentito che ha ricevuto l'imbeccata dal portiere e ha realizzato un contropiede esplosivo concludendo con quel passaggio smarcante a Mertens che ne ha confermato professionalittà e bravura, ricevendo in cambio un posto di rilievo nella storia del Napoli. Poi, sapete cosa vi dico? Quando vedo siffatto gol in contropiede so che dietro c'è sí il campione ma anche il maestro. E dire che chi difende l'Inter lo attribuisce semplicemente a un errore della difesa nerazzurra.