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“Il re” Zingaretti direttore del carcere

Andrea Fagioli sabato 19 marzo 2022
«Qua dentro c'è un sistema, io devo capire come funziona»: parola di pubblico ministero che indaga su due omicidi all'nterno di un fatiscente carcere. Nel giro di poche ore il comandante degli agenti penitenziari è stato spinto giù dal tetto, non si sa da chi e perché, mentre il detenuto collaborativo e da tutti temuto viene trovato impiccato nella propria cella, ma non è un suicidio. Il carcere in questione è un immaginario penitenziario dove un controverso direttore si comporta da sovrano assoluto. Da qui il titolo Il re imposto alla nuova serie di Sky Studios da ieri sera in onda su Sky Atlantic, Sky Cinema Uno e in streaming su Now, con Luca Zingaretti protagonista. Otto episodi diretti da Giuseppe Gagliardi in cui un personaggio inquietante, dal fascino sinistro, decide cosa è bene e cosa è male, dimostrando che il bene e il male non sono mai così nettamente distinti. Al di là della metafora del regno, c'è il carcere come un microcosmo a sé stante. «Il carcere – dice il protagonista – assomiglia alla morte. Il tempo per pensare non manca, e così le cose che da fuori ci sembrano sfuggenti, incomprensibili, a noi che il carcere lo abitiamo, a poco a poco appaiono chiare». In questo senso Il re, al di là del giallo che mantiene alta la tensione, è una serie che riflette sulla detenzione, sulle dinamiche interne al carcere, sulla massiccia presenza di stranieri molti dei quali di fede islamica e sull'isolamento dalla società esterna. Al centro resta comunque il direttore con i suoi trascorsi dubbi: monarca assoluto dietro le sbarre; essere umano disarmato e fragile all'esterno, a dimostrazione che anche un uomo dalla scorsa dura può perdersi e una vita all'apparenza perfetta può anche deragliare. Bravo Zingaretti a offrire al suo personaggio storto una sola espressione.