Fra breve anche le aziende agricole potranno avere il loro rating. Si tratta di una notizia importante, non tanto per gli effetti pratici a breve termine che potrà avere, ma soprattutto perché dà il segno di qualcosa che cambia nell'idea stessa di agricoltura. Anche se le imprese dei campi continuano ad essere alle prese con i problemi di sempre: dai mercati ai prezzi, dal maltempo alle carenze infrastrutturali.
Lo studio del rating delle imprese agricole è stato avviato da Ismea (l'Istituto che tiene sotto controllo i mercati agricoli) e Moody's KMV (una delle società leader nel campo degli strumenti per l'analisi quantitativa dei rischi di credito). Il modello sarà costruito utilizzando tecnologie di analisi e stima delle insolvenze e si baserà sul complesso di dati settoriali che costituiscono il patrimonio informativo dell'Ismea. Si tratterà, quindi, di prendere in considerazione parametri come la probabilità di insolvenza e quindi la rischiosità delle imprese stesse. Questo strumento sarà utilizzato per monitorare l'affidabilità e la solidità delle aziende che operano nei vari comparti dell'agricoltura italiana e sarà usato per l'erogazione di fondi sotto forma di prestiti e altri finanziamenti alle aziende agricole. Insomma, non si continuerà a parlare delle aziende agricole come entità ancorate a vecchi concetti di gestione e di bilancio, ma come imprese a tutti gli effetti con gli onori e gli oneri che ne deriveranno. Un passo in avanti notevole, che si scontra, però, con la realtà delle difficoltà che l'agricoltura sta attraversando. E non si tratta solamente della situazione di mercato, ma di una diffusa incertezza di prospettive che non fa bene a nessuno. Anche perché investe non solo i programmi degli agricoltori ma, sembra, pure le strategie da adottare per risolvere la crisi. Tanto che c'è stato chi ha guardato oltre confine per capire che strada prendere. La Cia, per esempio, ha indicato le decisioni del Senato francese come quelle da adottare anche in Italia. Strumenti che mirano alla tutela dei redditi degli agricoltori, al riequilibro del mercato e alla salvaguardia dei consumatori contro eventuali azioni speculative. Più nel dettaglio, si tratta dell'introduzione di contratti-tipo che contengono un prezzo minimo dal quale partire per le trattative di scambio; ma anche di un particolare dispositivo che ribalta sul consumo gli eventuali abbassamenti di prezzo alla produzione.
Già, i prezzi. Pare essere ancora una volta questo il nodo fondamentale che gli agricoltori non riescono a sciogliere. Coldiretti indica che a gennaio nei campi c'è stata una vera e propria deflazione piuttosto che un'inflazione. In un mese, infatti, i prezzi delle verdure sono diminuiti del 27%, quelli della frutta del 17. Una tendenza, ha spiegato ancora l'organizzazione, che riguarda anche le carni: per quelle suine il tracollo sembra essere stato del 23%. A questo punto c'è da chiedersi quante aziende agricole potranno davvero sostenere analisi di rating importanti come quelle di
Moody's KMV.