Il primo giorno di libertà dopo vent'anni di prigione assomiglia a una seconda nascita. Me lo racconta un ex detenuto dopo le dimissioni dal carcere, descrivendo le sensazioni provate nel compiere gesti ordinari. Salire sull'autobus e dai finestrini vedere la città che sfila sotto i tuoi occhi dopo che per tante volte l'hai potuta scorgere solo dallo spioncino del blindato che ti portava nell'aula del tribunale per l'udienza del processo. Guardare le vetrine dei negozi e scoprire com'è cambiato il mondo mentre il tuo era rimasto pietrificato là dentro. Camminare per chilometri senza incontrare il muro dei “passeggi” che dopo pochi metri ti costringe a invertire la direzione di marcia. Sentire il peso della forchetta d'acciaio dopo avere mangiato per tanto tempo con le posate di plastica. E quando arriva la notte, respirare a pieni polmoni all'aria aperta e contemplare la profondità del cielo stellato, cercando di cancellare gli anni in cui sopra la testa c'erano solo luci al neon e un soffitto di cemento armato. Tutte cose scontate, perfino banali, per noi liberi che non sappiamo più stupirci di quello che la vita regala ogni giorno. Ma fonte di stupore per chi assapora la libertà dopo anni di detenzione, e prova a rimettersi in cammino giurando in cuor suo di non cadere più.