Il presepio ci educa a contemplare Gesù
Cinque anni più tardi, nella stessa occasione – la tradizionale benedizione dei “bambinelli” in piazza San Pietro – Benedetto XVI volle sottolineare che «non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l'amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà... il presepio è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. Questa non consiste nell'avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene. Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all'opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione. Ma la fede li aiuta a riconoscere... il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama”».
Tutti concetti che, proprio un anno fa, Papa Francesco ha ripreso e sviluppato nella bellissima Lettera apostolica Admirabile signum, sul significato e valore del presepe. Dove, in conclusione, Bergoglio ricorda che «il presepe fa parte del dolce ed esigente processo di trasmissione della fede. A partire dall'infanzia e poi in ogni età della vita, ci educa a contemplare Gesù, a sentire l'amore di Dio per noi, a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui, tutti figli e fratelli grazie a quel Bambino Figlio di Dio e della Vergine Maria. E a sentire che in questo sta la felicità. Alla scuola di San Francesco, apriamo il cuore a questa grazia semplice, lasciamo che dallo stupore nasca una preghiera umile: il nostro “grazie” a Dio che ha voluto condividere con noi tutto per non lasciarci mai soli».
Questo Natale ormai quasi alle porte, questo Natale barricato a causa di una pandemia che non smette di assediarci, sarà diverso da tutti gli altri. Molte famiglie non si potranno riunire, non si potranno vedere gli amici, niente tombolate, niente o quasi niente di tutto. Un Natale difficile, visto quasi in tono minore, con la tentazione di cedere all'idea che sarà alla fine un non-natale. E perché, e per chi, allora, perdere tempo in addobbi e presepi? La risposta ce l'hanno già data i successori di Pietro: per continuare a educarci a contemplare Gesù. Del quale non commemoriamo la nascita, ma che ogni 25 dicembre nasce nelle nostre case, nei nostri cuori. Facciamogli trovare un posto.