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Il povero violinista

Roberto Mussapi martedì 26 marzo 2019
«Umanamente parlando, è più importante suonare il violino, magari malamente, che scrivere ponderose opere su argomenti astrusi. Che cosa mai avrebbe potuto fare Darwin per quelle donne sofferenti? Ma mentre quello lì strimpellava, la vita si faceva più bella per coloro che ascoltavano». Il giovane Robert Louis Stevenson, è in viaggio, si è imbarcato su una nave per emigranti, terza classe. La famiglia del futuro autore dell'Isola del Tesoro, l'Odissea moderna, è molto benestante, ma il ragazzo intraprende la traversata oceanica verso gli Stati Uniti di propria iniziativa, e non intende gravare troppo sul portafoglio paterno. Il lungo viaggio in quell'umanità di poveri emigranti alla ricerca di un'occupazione, per sfamare se stessi e la famiglia, incuriosisce la sua natura di osservatore, e arricchisce la sua esperienza umana. Nel racconto, per nulla sublimato, e nello stesso tempo privo di orrido, l'umanità degli sventurati appare nella sua vita e nella sua ricchezza. E quando il violinista dilettante comincia a suonare, i volti pallidi delle povere donne in viaggio si rianimano. Lo spirito dei sofferenti riceve un balsamico medicamento da quella musica eseguita approssimativamente, ma con passione. Nessun libro di sapienza potrebbe sortire nulla di paragonabile.