Il calcio è pieno di cerimonie e simbolismi spesso gratuiti, di facciata, ad uso televisivo. Ad esempio, la gioia dopo il gol festeggiata con azioni singole o di gruppo, spontanee o realizzate con adeguata coreografia. Una festa per i curiosi superficiali. E per gli psicologi perditempo. A Napoli, Ezequiel Lavezzi che torna al gol dopo un anno è motivo di vera festa: per sé, per l'incredibile popolo del San Paolo che meriterebbe uno scudetto per la strepitosa promozione di uno sport sempre più televisivo, sempre meno da stadio. La Juve ha dovuto costruire uno stadio apposta, su misura per i progetti sportivi, commerciali, industriali. E per ora funziona, sta trovando il Matri giusto per rinverdire le imprese di Pietruzzo Anastasi, di Bob Bettega, di Robi Baggio e - vorrei dire - di Alex Del Piero, senza peraltro considerarlo una vecchia gloria (come piace a A.A.). Ma volete mettere il San Paolo e quel Pocho che vola ad agganciare un pallone di Cavani disegnato giusto per una star? Saremo pure un mondo di matti ma è inutile far commenti (e morale) se uno non riesce a capire cosa c'è, dentro un gol siffatto: c'è anche il cuore, l'anima di un pedatore che da ragazzo faceva l'elettricista a Villa Gobernador e che con il pallone ha conquistato legittima gloria e una vita meno agra per sé e la tribù Lavezzi nell'Argentina che ogni vent'anni si dà un'Evita di speranza. A Baires, adesso, quando gioca il Pocho si piazzano davanti alla tivù e si fanno la “Giostra del Gol” di Mamma Rai sognando - se si hanno ascendenti giusti - di farsi tutti italiani, prima o poi, come Osvaldo, come Ledesma. Alla faccia di chi ci considera un Paese alla frutta. Viaggiando nel web ho trovato una “Ode al Pocho” dell'antico frate Mimmo Carratelli che vi propongo per capir meglio cos'é la Napoli di Lavezzi: «Il Pocho intriga e attizza, meglio se scuote la rezza alzando la cabeza e provocando agli avversari la strizza, giocatore di priezza, cardillo di tocchi e svolazzi, gambe di topazio, fianchi di finte e d'arrizzo, ha nei piedi la scarica di un razzo...! Ondeggia, divaga, svaria, si arresta, riparte, sta largo e sta nel mezzo, attaccante di destrezza, come un rap di Caparezza...». Olé. E a proposito di Napoli, sentite questa, fresca fresca di Nocerino che s'é portato a casa il pallone - dopo Boateng - per quei tre gol rifilati al Parma ancora imbalsamato: a Napoli, volendo, uno può avere il tassista personale, chiamare sempre quello e da lui ricevere le news più sfiziose: io l'avevo e ho dovuto lasciarlo perché voleva che riportassi... a casa Nocerino: «Lei che conosce Zamparini e De Laurentiis, li metta d'accordo...»; ma stavolta Zamparini ha pensato bene di fare un regalo a Berlusconi come l'aveva fatto cedendo al Napoli Cavani. Sicché mercoledì sera, al terzo gol di Noceriniello il tassista m'ha chiamato: «Dottò, avete visto? Io non vi porto più...». Vai a capire... Ma intanto Allegri dovremo chiamarlo Mago. Prima lo scudetto dei tre mediani, poi il pareggio con il mitico Barça, e ancora la resurrezione di Cassano, e adesso le triplette di Boateng e Nocerino: vuoi vedere che vale Guardiola? A me, poi, diverte di più questo Milan senza confini...