Collego ottobre (e anche novembre) all'immagine del pennello. Mi piace pensare che in questo periodo il pittore dell'universo rinnovi la sua tavolozza di colori. Resiste l'azzurro del cielo estivo ma nelle mattine dei parchi di città la nebbiolina stinge il rosso in rosa e le nuvole sembrano fumetti di cipria. Se non esistono più le mezze stagioni forse è perché l'autunno le comprende tutte. Verde carico, marrone bruciato, alla fermata del tram senti forte il profumo dell'erba bagnata e l'aria, elettrica, pizzica. Un'atmosfera di sospesa eleganza che spinse Emily Dickinson a promettere, in una poesia, che «per non essere antiquata», avrebbe indossato un gioiello. La tradizione evoca tramonti ma le mattine regalano aurore bellissime. E ogni passo d'addio ha l'umore della festa, è l'abbraccio al viandante dopo un lungo, faticoso cammino. Succede come con le foglie che, per la danza di commiato, scelgono il “vestito” più allegro ed elegante così che nelle orecchie resti una sinfonia felice e non una marcia dolente. Ed è un invito a dosare bene i colori primari, a non mescolarli tutti insieme per evitare che alla fine venga fuori il nero. Il pittore dell'universo regala tavolozze nuove, ma le sfumature del cielo, quello che abbiamo dentro, le decidiamo noi.