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IL PESO DELLE DOMANDE

Eraldo Affinati sabato 17 marzo 2018
«Per consolare il giovane cui succede una disgrazia, gli si dice: "Sii forte, prendila con fegato; sarai corazzato per l'avvenire. Una volta succede a tutti, ecc." Nessuno pensa a dirgli quello che invece è vero: questa stessa disgrazia ti succederà due, quattro, dieci volte – ti succederà sempre, perché, se sei così fatto che le hai offerto il fianco ora, lo stesso dovrà accaderti in avvenire».
Tornando a sfogliare Il mestiere di vivere, il diario di Cesare Pavese, ho trovato questa frase del 15 ottobre 1940. Credo di averla letta per la prima volta a quindici anni. La sottolineai col pennarello. Quindi, ne dedussi, ognuno di noi ha un destino al quale non può sottrarsi? Il nostro carattere ci predetermina davvero? E dove comincia allora la mia libertà? Come posso io, mi chiedevo, se sono fatto in un certo modo, uscire dalle strettoie che m'imprigionano? Dovetti faticare non poco per accettare il peso di queste domande: che nel tempo si trasformarono in un rovello teologico. Sulla scia di Boezio: «Dio vede come presenti quelle cose future che provengono dalla libertà di decisione; queste cose, dunque, in rapporto alla visione divina, diventano necessarie per la condizione della conoscenza divina, considerate per se stesse, invece, non decadono dall'assoluta libertà della loro natura».